Io sto con gli scrittori veneti che sabato hanno manifestato a Treviso nel nome dell'impegno civile e dell'anti-razzismo... e ci sto nel nome della Fede che vorrei saper professare non solo a parole.
La cronaca.
Da un sindaco del territorio, che ama "giocare" allo sceriffo, esce questa dichiarazione che connota la sua statura umana e politica: "gli immigrati sono come il cancro"...
Nel contempo, un suo consigliere, arricchisce il concetto con questa similitudine di altissimo livello: "con gli immigrati bisogna usare metodi da SS"...
Così, alcuni intellettuali scendono in piazza per far capire che la testa può essere usata anche per altre funzioni che quella di distanziare le orecchie... e che il cuore può far arrivare al cervello, oltre al flusso del sangue, anche qualche reflusso di umanità.
Sicuramente gli immigrati possono essere un problema o una ricchezza... ma per evitare lo sforzo di prendere in considerazione questa possibilità, cosa facciamo?
Li eliminiamo?
E se poi ci accorgiamo che le stesse caratteristiche possono essere applicate ad altri tipi di "diversità", proseguiamo sullo stesso cammino?
In questo periodo sto leggendo con i ragazzi "le Beatitudini"...
Beati i poveri, gli afflitti, i miti, chi non conosce giustizia, i misericordiosi, i puri, gli operatori di pace, i perseguitati...
In friulano "Biât" ha un altro significato... non quello di "fortunati" o "felici"... ma quello di "poveracci"...