martedì 23 febbraio 2010

Una quaresima di contrizione...

L'ometto della provvidenza afferma che non ci debbano essere inquisiti a rappresentare istituzioni e partiti politici... e comunque è il popolo che gli dà mandato di governare e chi non è con lui è contro il paese.
L'onnivoro delle emergenze si sente alluvionato e chiamo il popolo a confermare la sua onnipotenza, chè ciò che è stato intercettato non vale nulla e la combricola dei suoi amici e sodali è degna di ogni rispetto, se non riconoscenza.
I rispettosi figli di colui che viene chiamato "Santo Padre" ne hanno così tanta cura da fargli sapere solamente ciò che conviene Egli sappia, in modo che non debba avere preoccupazioni sugli esiti di taluni comportamenti.
Mi bastano 3 notizie 3 per capire che, nonostante il carnevale perenne, siamo davvero in piena Quaresima.
Ed è una Quaresima di sacrifici (nostri), contrizione (nostra anche quella) e penitenza (indovinate di chi).

Poi, capita che un sacerdote suggerisca dall'ambone che la Quaresima deve invitarci a smetterla di guardarci fra di noi e a guardare fisso in alto... e uno capisce perchè la chiesa possa compromettersi con certo modo di essere e non provare nemmeno un po' di vergogna: si è dimenticata di guardare gli uomini!

Ho appena ascoltato il teologo Vito Mancuso... una boccata di ossigeno per una Fede che comincia a farsi asfittica e a dimenticarsi che deve nutrirsi di preghiera per non rischiare l'eutanasia. La soddisfazione di affrontare criticamente un argomento che considero di vitale importanza, e che, proprio perciò, non dovrebbe mai trovarsi assopiti nelle nostre beate certezze. Men che meno se ci crogioliamo nella certezza di appartenere alla schiera dei possessori e depositari della verità. L'unica cosa cui dovremmo ambire è il dono della bene-dizione. E invece fatichiamo così tanto ad esercitarla...
Se riuscissi almeno a provarci durante questa Quaresima...

giovedì 18 febbraio 2010

Non solo Sanremo

Insomma, ci sono decine di ragazzi che non sbarcano in alcun circuito classico ma esprimono della ottima musica.
Forse qualcuno canta solo per personale diletto... forse qualcuno meriterebbe altri approdi... Comunque la musica è una meravigliosa compagna di vita. Anche per chi canta come me.
Ad ogni modo, la ragazza di cui posto un video è una ragazza del mio paese. Con lei ho cantato in Chiesa. L'ultima volta ad un matrimonio in agosto, dato che vive oramai fuori per motivi di studio.
Recentemente ha partecipato alle selezioni per Sanremo.
Evidentemente non c'era posto per tutti. Ma dato che lo hanno trovato per il supposto principe ereditario...
Giudicate se non se lo sarebbe meritato più Elsa, quel palcoscenico...



P.S.: io Sanremo non lo guardo da decenni... era ancora vivo Claudio Villa e qualche volta capitava che si esibissero cantanti degni di questo nome. Altri tempi!

lunedì 15 febbraio 2010

Osare...

... la Speranza.
Ma anche la Fede. E l'Amore.
Sono rimasta molto colpita dall'intervista che Fazio ha fatto, nella puntata di sabato sera di "Che tempo che fa", a don Andrea Gallo.
Prete, ma soprattutto, uomo che molti hanno etichettato con definizioni anche di matrice politica
Molto più semplicemente dovrebbe essere indicato come Uomo di Fede, seguace di don Bosco, innamorato di Gesù.
Fin che la Chiesa saprà esprimere persone con questa tensione umana, la sua sopravvivenza avrà un senso e darà ragione dell'Amor che Cristo le porta fin dalla sua Istituzione.
Dovrò senz'altro leggere il suo libro "Così in cielo come in terra"...
E a proposito di cielo.
Venerdì sera avevamo ospite nella nostra Comunità una persona che aveva una vicenda davvero particolare da raccontare.
Nato nel 1956, come me. Anzi, solo 2 giorni prima di me (tanto per cominciare a indicare le "coincidenze" che ho individuato), la cui mamma faceva parte di una nidiata di 13 figli (come la mia) ed era nata nel 1922 (come il mio papà), aveva 3 sorelle ma 1 non c'è già più (anche io) . Lui però rimasto orfano di mamma all'età di 5 anni. E qui si inserisce la particolarità della sua vicenda...
Per dirla con le sue parole: La giornata del 16 maggio del 1994 ha, in qualche modo, ricompensato gli anni difficili e tristi dell'infanzia, mia e delle mie sorelle) senza la mamma...
Quel giorno il Santo Padre Giovanni Paolo II aveva canonizzato la sua mamma. Santa Gianna Beretta Molla.
Parlare con lui mi ha molto emozionata. Anche nello scambio di battute, non potevo non sentire che dietro a lui c'era (c'è) qualcosa di immensamente grande. Forse incomprensibile. Certo affascinante...

martedì 9 febbraio 2010

Vanessa, la farfalla che arrivò da Gesù

C'era una volta un paese di farfalle. E come ogni paese esistente era abitato da individui diversi, che a volte componevano famiglie e che, comunque, avevano età variabili. Perchè nel tempo di cui racconta questa storia le farfalle avevano una vita temporalmente più lunga di quanto non abbiano adesso.
In una delle famiglie di questo paese era appena nata una coppia di farfalline gemelle: Vanessa, che ricordava nel proprio nome tutte le generazioni di farfalle che l'avevano preceduta, e Nymfa, che con il proprio rendeva onore alla famiglia di appartenenza.
Fin da subito fu evidente che le due piccine non avrebbero avute le stesse possibilità, perchè l'una era depositaria di una bellezza davvero particolare e l'altra di una caratteristica alla quale la famiglia avrebbe volentieri rinunciato, un difetto ad una delle due ali.
Ovviamente per il papà Inachis e la mamma Giuni l'amore per le due gemelline era ugualmente immenso e, anzi, essi facevano tutto quanto era nelle loro possibilità perchè il piccolo difetto di Nymfa non incidesse troppo sulla sua crescita e sulla sua felicità Per lo stesso motivo non mancavano di raccomandare a Vanessa di avere ogni riguardo per la sorellina e di coinvolgerla nei giochi e nelle avventure sui prati fioriti, rispettando i suoi tempi e adattandosi alle sue possibilità. E Vanessa lo faceva, ma talvolta si spazientiva e si lasciava trascinare dagli amichetti in scorribande alle quali la sorellina tentava di stare dietro ricavandone, però, cocenti delusioni.
Con il passare del tempo, poi, Nymfa manifestò alcuni problemi di postura, chè il volare con quell'ala storta la costringeva a una particolare torsione del corpicino. Questa fatica, a poco a poco, andava ad affaticare il suo cuoricino e tutto le pareva ancora più faticoso e lei diventava sempre più lenta.
A scuola, tutti i compagni si stringevano attorno a Vanessa ad ammirare la sua bellezza e talvolta le chiedevano perchè si portasse sempre dietro quell'impiastro di sorella.
Vanessa, con la superficialità propria della sua giovinezza, diceva che lo faceva perchè così la gente avrebbe potuto fare confronti fra loro due e avrebbe notato ancora più nettamente la sua strepitosa bellezza... ma queste erano le giustificazioni per gli altri.
La sera, quando andavano a letto e si abbracciavano perchè solo così riuscivano a dormire, i loro cuori battevano all'unisono con una sincronia perfetta e loro si lasciavano cullare dalla felicità di essere insieme, senza differenze nè rivalità di alcun tipo.
Una mattina in cui non dovevano andare a scuola, le due sorelline decisero di fare una svolazzata (si chiamerà così, no, la passeggiata di una farfalla?) per conto loro.
Dopo un po' si accorsero che sotto di loro, nei luoghi abitati dagli uomini, stava accadendo qualcosa... Una gran folla di gente camminava verso il monte e dalla testa del corteo arrivavano echi di voci agitate e lamenti.
Le due farfalle, incuriosite, si abbassarono per poter vedere cosa fosse e così videro che, davanti alla folla, circondato da uomini che urlavano ed erano vestiti di ferro, c'era un uomo che camminava piegato sotto il peso di due tronchi incrociati fra di loro.
Prima che Vanessa e Nymfa potessero capire cosa stesse accadendo, arrivarono in cima al monte dove altri tronchi incrociati erano stati piantati nel terreno e avevano ciascuno un uomo che pareva abbracciarli... ma non erano proprio abbracci perchè in realtà le loro braccia erano attaccate al legno con dei grossi chiodi.
Anche all'ultimo arrivato stavano mettendo dei chiodi nelle mani e nei piedi e poi issarono i tronchi... la croce.
Le due farfalle volarono accanto al viso dell'uomo per vedere meglio. Ma quello che videro strinse loro il cuore. L'uomo stava soffrendo molto ma rivolse loro un sorriso. E aveva negli occhi così tanto amore...
Vanessa percepì un sospiro di Nymfa e si girò a guardarla giusto in tempo per vederla cadere fra le spine che incoronavano la fronte di quello strano uomo. In quello stesso istante una frusta sibilò nell'aria accanto a lei scagliandola lontano e poi tutto divenne scuro e la gente sulla terra urlava e scappava e il cielo pareva esplodere in lacrime, scuotimenti e alti lamenti...
Vanessa non seppe dove il vento l'avesse spinta e quando la tempesta si calmò cercò di ritrovare il punto in cui aveva visto cadere la sua sorellina ma la notte glielo impediva.
Quando venne la mattina, e lei non avrebbe saputo dire se era passata solo una notte o forse due o tre, si rimise in volo.
Ad un tratto un forte lampo di luce la attirò verso un giardino e vide che la luce usciva da una cavità in una roccia.
Quando il chiarore si mitigò e potè guardare di nuovo in quella direzione, vide che qualcuno stava uscendo da quell'anfratto.
Lo stesso uomo che aveva visto sulla croce. Ma il suo aspetto...
Certo il viso, il torace, le mani portavano ancora i segni della crudeltà che si era accanita contro di lui. Ma da tutto il suo corpo emanava luce che avvolgeva e riscaldava il mondo circostante. E i suoi occhi.
L'uomo la guardò e poi chinò lo sguardo sulla sua mano chiusa.
Anche Vanessa guardò nella stessa direzione e Lui aprì la mano.
Sul suo palmo era adagiata Nymfa...

Vanessa avrebbe voluto chiedere, sapere, capire... ma allo stesso tempo intuì l'inutilità di cercare una risposta per tutto e la consolazione di accettare un senso in tutto.
Abbracciò la sua sorellina, appoggiò la testolina sul suo petto e chiuse gli occhi.
Erano di nuovo insieme... questo era il suo posto. Il suo destino. La sua gioia.









Nota: con questo post completo il mio omaggio all'iniziativa di Laura "Le farfalle si sono messe in testa di far volare le tartarughe" in favore dell'associazione Sindrome di Crisponi e malattie rare.
Ne approfitto per ricordare una "farfalla" che non poteva volare e che proprio un anno fa se n'è andata: Eluana.


mercoledì 3 febbraio 2010

Chelly, la tartaruga che andò da Gesù

Con questa favola, il blog aderisce all'inziativa promossa dal fotoblogdi Laura per far conoscere la Sindrome di Crisponi ed incentivare la ricerca su questa sindrome e sulle malattie rare. Per altre informazioni, o per sbirciare chi ha aderito all'iniziativa, si rimanda al citato blog. Nel contempo ringrazio Gabry che mi ha dato modo di sapere questa lodevole cosa e di aggiungere il mio piccolo contributo.


In un paese della Grecia viveva una famiglia di tartarughe. Ma non erano fatte come le conosciamo noi oggi.
Certo le tartarughe non avevano né piume né peli sul corpo. Ma, ai tempi in cui è ambientata questa storia, nemmeno il guscio sulla schiena… erano, insomma, nude.
Questa famiglia era composta dal papà che si chiamava Mydas, dalla mamma Marina e dalla figlioletta Chelly.
Una sera Chelly sentì il babbo dire alla mamma che, in un paese lontano che si chiamava Betlemme, si era avverata un’importante profezia e che perfino le stelle del cielo si erano messe in cammino per andare a vedere quale prodigio si fosse verificato.
Chelly non capì tutte quelle parole difficili – profezia, prodigio… - ma fu attratta dal nome del paese Betlemme. “Allora – si disse – quando mi chiamano Chelly lemme, forse non mi dicono una cosa brutta se poi quando papà racconta alla mamma di questo paese, alla mamma brillano gli occhi”.
Quella notte Chelly non riuscì a dormire e, prima ancora che il cielo si togliesse il mantello della notte, uscì dalla tana per non disturbare i genitori che dormivano. Le piaceva moltissimo guardare la volta celeste e giocare da sola a riconoscere nel cielo le forme che quei puntini luminosi disegnavano. Ma quel giorno vide qualcosa di straordinario.
Vide una stella diversa dalle altre, che oltre alle cinque punte aveva anche una lunga coda luminosa. E si muoveva verso est. Senza riflettere, senza pensare a cosa avrebbero provato i suoi genitori quando l’avrebbero chiamata per la colazione e avrebbero scoperto che non era nel suo lettino, Chelly decise di seguire la magica stella. E partì.
Intanto il sole si era alzato anche lui e i suoi raggi raggiunsero la terra scacciando l’oscurità e il freddo. Man mano che avanzava, la piccola tartaruga cominciò a sentire un gran caldo e ad avere la bocca arsa per la grande sete, mentre lo stomaco vuoto gorgogliava per ricordarle che quel giorno non aveva ancora mangiato nulla. Ma continuò a camminare, però senza più guardare in alto perché le bruciavano gli occhietti per la gran luce che il sole aveva.
Venne sera e il cielo si oscurò di nuovo e Chelly fu felice perché così il sole avrebbe smesso di bruciarle la pelle e non appena nel cielo fosse ricomparsa la stella speciale avrebbe avuto la certezza di non essersi persa. Con la notte, però, venne anche un vento gelido e Chelly cominciò ad avere freddo e sempre meno forza nelle zampette. Decise di fermarsi a riposare, ma fu peggio perché il freddo l’avvolse ancora più stretta e lei aveva solo voglia di piangere e di farsi abbracciare e accudire dalla mamma.
Ad un tratto venne toccata da qualcosa di caldo che si strinse attorno a lei e la mise al riparo dal vento. Chelly non sapeva cosa fosse, ma la sensazione era così piacevole che si addormentò. Quando si svegliò vide due occhi che la guardavano e sentì una voce dolce. Anche se chi le parlava non era uguale a lei, quasi per magia, Chelly riuscì a capire cosa le dicesse e a farsi capire a sua volta.
Così raccontò alla vecchina (perché di un’anziana donna si trattava) che andava a Betlemme per vedere cosa aveva fatto brillare gli occhi alla sua mamma.
La vecchina allora disse che usciva a cercare qualcosa e infatti, dopo poco, tornò con un gigantesco guscio di noce che le legò sulla schiena come se fosse uno zainetto. Poi le preparò un piccolo fazzoletto con dentro qualcosa da mangiare e un po’ d’acqua e li mise all’interno del guscio che era talmente grande che, all’occorrenza, Chelly ci avrebbe potuto riparare anche la testolina e le zampette.
Così bardata Chelly, dopo averla ringraziata, si rimise in cammino.
Dopo un lungo tratto di strada si accorse di non essere sola.
Persone e animali di ogni specie camminavano come lei seguendo la scia della stella. Tutti avevano un sorriso largo sul viso e gli occhi che brillavano…
Infine arrivarono a una grotta ed entrarono a vedere il prodigio.
In una mangiatoia c’era un bambino, amorevolmente guardato dai suoi genitori e generosamente riscaldato dal fiato di un bue e di un asinello.
Lentamente, come una processione, tutti i viandanti si avvicinavano alla mangiatoia e il bambino riservava a tutti un sorriso e, solo guardandoli negli occhi, diceva a ciascuno le cose più belle che desiderava, tanto che molti se ne andavano con il viso rigato da lacrime di gioia.
E finalmente venne il turno di Chelly… che si avvicinò al bambinello con il suo passo lemme.
La tartarughina si fermò e trattenne il respiro quando le parve che il piccolo ridesse della sua lentezza. Guardò la mamma del piccino e ne ricevette in cambio un sorriso dolcissimo che le scaldò il cuore e la rassicurò. Il papà del bimbo le allungò una mano per aiutarla a superare un piccolo gradino e Chelly fu finalmente davanti a Lui. La stanchezza del viaggio sparì e la piccola tartaruga fu pervasa da una sensazione di serenità e si sentì piena di gioià.
Il mio nome – disse il bambino – è Gesù. Io ti conosco bene. So che hai avuto il coraggio di fare un lungo cammino per arrivare fin qui. So che ti è mancata molto la tua famiglia. So che hai avuto tanta sete e tanto caldo e che speravi di trovare almeno una pozzanghera per tuffartici dentro e rinfrescarti. So che durante la notte hai avuto paura e avresti voluto essere al sicuro nella tua casa. Ma so anche che poi, con quel guscio legato sulla schiena, ti sei sentita protetta. Perciò voglio regalartelo. Da te in poi tutte le tartarughe potranno portarsi sulla schiena la propria casa così da potercisi ritirare ogni volta che lo desiderano. A te e alla tua famiglia in particolare donerò anche la capacità di nuotare velocemente nel mare e di riuscire a muoversi in acqua un po’ più velocemente che sulla terra”.
E così avvenne, perché quel bambino era davvero prodigioso.
E Chelly fu la capostipite di una grande famiglia di tartarughe che ancor oggi si chiamano come lei: Chelonia Mydas.


P.S.: questa favoletta l'ho scritta un paio di mesi fa, in prossimità del S.Natale, per "raccontare" perchè un negozio di casalinghi si chiamasse "Chelonia"...

lunedì 1 febbraio 2010

Il Babo

I brani del Vangelo di Luca proclamati nelle ultime due domeniche compongono uno degli stralci evangelici che preferisco.
La prima parte, domenica scorsa, con la figura di Gesù che torna nella sua cittadina e, in Sinagoga, durante la preghiera, si alza per andare a leggere il rotolo: "Lo Spirito del Signore è sopra di me"....
La conclusione, ieri, con lo stupore tutt'altro che benevolo dei suoi compaesani: “Non è il figlio del falegname?”, il loro accompagnarlo fuori dalla città "fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio" e il suo voltarsi e andarsene...
Occhiate che si alzano verso l'alto, da dove discende lo Spirito a renderci un'umanità migliore, e si abbassano verso un umano precipizio nel quale spesso lasciamo rotolare la nostra vita.
Ieri, poi, a queste parole si aggiungeva la poesia dell'Inno alla Carità di San Paolo, fornendo spunti che avrebbero potuto originare il solito predicozzo preconfezionato, ricco di parole e poverissimo di contenuti, oppure...
Direi oppure.
Casualmente ieri ha celebrato - vista l'indisponibilità dei 2 sacerdoti della Comunità - l'Arcivescovo Emerito di Udine, originario del mio paese, che è tornato nella casa paterna a trascorrere la sua quiescenza.
Dava ancora maggior senso alle sue parole il sapere che lui stesso era "figlio del falegname", e probabilmente nel suo diventare sacerdote (e poi Arcivescovo) ha regalato una sorta di riscatto sociale ai suoi genitori e alle sue umili origini.
Certo per noi è talmente ovvio da sembrare null'altro che retorico affermare che il ceto sociale di provenienza non debba essere la prigione di tutta una vita. Ma non è stato così per i secoli passati. E speriamo non lo torni ad essere per il futuro.
Personalmente ho letto così la grande innovazione proposta dal ministro Gelmini sulla "gestione" dell'ultimo anno di obbligo scolastico: chi ha soldi continui a stazionare, indipendentemente da merito e perfino da capacità, sui banchi, chi non ne ha meglio che vada a lavorare garantendo la stabilità sociale...
Ma sì! Facciamo che torni ad essere difficile che il figlio di un poveraccio possa diventare altro che un poveraccio a sua volta...
Probabilmente il mio pensiero è condizionato dai racconti di come fin dalla primissima infanzia ciascuno andasse, suo malgrado, a ricoprire un ruolo, ferma restanto la possibilità che qualcuno facesse eccezione. Ma erano, appunto, eccezioni.
La mia nonna materna aveva partorito 13 figli e ne aveva fatti crescere 11.
Di questi 5 hanno imparato a leggere e scrivere e 6 sono rimasti analfabeti. Solo l'ultimo ha conseguito la licenza media, anche se tramite una scuola per corrispondenza.
In relatà tutti hanno frequentato la scuola elementare, ma compatibilmente ai tempi (guerra compresa) e, molto più banalmente, alla disponibilità di abiti e calzature consoni. Con un paio di "dalminas" andavano a scuola a giorni alterni più fratelli, chè non ce n'erano per tutti.
E poi, una volta arrivati a scuola, la maestra incaricava i figli dei più miseri del paese, di andare nel bosco a raccogliere le legna, per la scuola e forse non solo, escludendoli di fatto dalla possibilità di imparare anche solo a fare la propria firma.
Situazioni che non possono che scandalizzare...
Ma forse dovrebbero spaventare, nell'ipotesi che di nuovo si faccia conto sull'evidenza che "un popolo ignorante è più facile da governare"...
Del resto, non pare che nel nostro Paese la cultura sia una delle esigenze più sentite, no?
E, comunque, anche senza avere troppe cose per la testa, uno può vivere la sua vita...

Il Babo, mio zio, non sa nè leggere nè scrivere ma nessuno aveva la sua maestrìa nell'assistere i parti delle mucche o nella collaborazione con il casaro.
Parla correntemente il carnico ma non ha problemi con l'italiano e sa a memoria tutti i salmi che si cantano, rigorosamente in latino, nelle Celebrazioni... E a chi importa se sbaglia qualche desinenza?!
Scende nella cittadina a fondovalle almeno un paio di volte alla settimana e sbriga le commissioni anche per mia mamma che, nel caso, gli scrive quanto le serve su un biglietto e lui, semplicemente, passa il biglietto alla commessa di turno. E raramente viene fregato sul resto...
Non ha studiato Storia ma ha tutti i suoi ricordi ancora vividi e ci "istruisce" raccontandoceli.
E, per tutto il resto, c'è la televisione che fa sapere quanto qualcuno ritiene il caso di far sapere.

STAIT ATÊNZ…

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Sa ti va ben cussì bón… sennò piês par te!!! …tu pós ancje šindilâti: prat denant e selve daûr…

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37 grazie x 22 PREMI!!!

Sira degli Oedv Presiùs

Sira degli Oedv Presiùs
Grazie Cri!!!

Embè...

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Piuma nel Vento ringrazia OEdV!

Già! ... anche...

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Ma certo che NO!!!