I brani del Vangelo di Luca proclamati nelle ultime due domeniche compongono uno degli stralci evangelici che preferisco.
La prima parte, domenica scorsa, con la figura di Gesù che torna nella sua cittadina e, in Sinagoga, durante la preghiera, si alza per andare a leggere il rotolo: "Lo Spirito del Signore è sopra di me"....
La conclusione, ieri, con lo stupore tutt'altro che benevolo dei suoi compaesani: “Non è il figlio del falegname?”, il loro accompagnarlo fuori dalla città "fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio" e il suo voltarsi e andarsene...
Occhiate che si alzano verso l'alto, da dove discende lo Spirito a renderci un'umanità migliore, e si abbassano verso un umano precipizio nel quale spesso lasciamo rotolare la nostra vita.
Ieri, poi, a queste parole si aggiungeva la poesia dell'Inno alla Carità di San Paolo, fornendo spunti che avrebbero potuto originare il solito predicozzo preconfezionato, ricco di parole e poverissimo di contenuti, oppure...
Direi oppure.
Casualmente ieri ha celebrato - vista l'indisponibilità dei 2 sacerdoti della Comunità - l'Arcivescovo Emerito di Udine, originario del mio paese, che è tornato nella casa paterna a trascorrere la sua quiescenza.
Dava ancora maggior senso alle sue parole il sapere che lui stesso era "figlio del falegname", e probabilmente nel suo diventare sacerdote (e poi Arcivescovo) ha regalato una sorta di riscatto sociale ai suoi genitori e alle sue umili origini.
Certo per noi è talmente ovvio da sembrare null'altro che retorico affermare che il ceto sociale di provenienza non debba essere la prigione di tutta una vita. Ma non è stato così per i secoli passati. E speriamo non lo torni ad essere per il futuro.
Personalmente ho letto così la grande innovazione proposta dal ministro Gelmini sulla "gestione" dell'ultimo anno di obbligo scolastico: chi ha soldi continui a stazionare, indipendentemente da merito e perfino da capacità, sui banchi, chi non ne ha meglio che vada a lavorare garantendo la stabilità sociale...
Ma sì! Facciamo che torni ad essere difficile che il figlio di un poveraccio possa diventare altro che un poveraccio a sua volta...
Probabilmente il mio pensiero è condizionato dai racconti di come fin dalla primissima infanzia ciascuno andasse, suo malgrado, a ricoprire un ruolo, ferma restanto la possibilità che qualcuno facesse eccezione. Ma erano, appunto, eccezioni.
La mia nonna materna aveva partorito 13 figli e ne aveva fatti crescere 11.
Di questi 5 hanno imparato a leggere e scrivere e 6 sono rimasti analfabeti. Solo l'ultimo ha conseguito la licenza media, anche se tramite una scuola per corrispondenza.
In relatà tutti hanno frequentato la scuola elementare, ma compatibilmente ai tempi (guerra compresa) e, molto più banalmente, alla disponibilità di abiti e calzature consoni. Con un paio di "dalminas" andavano a scuola a giorni alterni più fratelli, chè non ce n'erano per tutti.
E poi, una volta arrivati a scuola, la maestra incaricava i figli dei più miseri del paese, di andare nel bosco a raccogliere le legna, per la scuola e forse non solo, escludendoli di fatto dalla possibilità di imparare anche solo a fare la propria firma.
Situazioni che non possono che scandalizzare...
Ma forse dovrebbero spaventare, nell'ipotesi che di nuovo si faccia conto sull'evidenza che "un popolo ignorante è più facile da governare"...
Del resto, non pare che nel nostro Paese la cultura sia una delle esigenze più sentite, no?
E, comunque, anche senza avere troppe cose per la testa, uno può vivere la sua vita...
Il Babo, mio zio, non sa nè leggere nè scrivere ma nessuno aveva la sua maestrìa nell'assistere i parti delle mucche o nella collaborazione con il casaro.
Parla correntemente il carnico ma non ha problemi con l'italiano e sa a memoria tutti i salmi che si cantano, rigorosamente in latino, nelle Celebrazioni... E a chi importa se sbaglia qualche desinenza?!
Scende nella cittadina a fondovalle almeno un paio di volte alla settimana e sbriga le commissioni anche per mia mamma che, nel caso, gli scrive quanto le serve su un biglietto e lui, semplicemente, passa il biglietto alla commessa di turno. E raramente viene fregato sul resto...
Non ha studiato Storia ma ha tutti i suoi ricordi ancora vividi e ci "istruisce" raccontandoceli.
E, per tutto il resto, c'è la televisione che fa sapere quanto qualcuno ritiene il caso di far sapere.
La prima parte, domenica scorsa, con la figura di Gesù che torna nella sua cittadina e, in Sinagoga, durante la preghiera, si alza per andare a leggere il rotolo: "Lo Spirito del Signore è sopra di me"....
La conclusione, ieri, con lo stupore tutt'altro che benevolo dei suoi compaesani: “Non è il figlio del falegname?”, il loro accompagnarlo fuori dalla città "fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio" e il suo voltarsi e andarsene...
Occhiate che si alzano verso l'alto, da dove discende lo Spirito a renderci un'umanità migliore, e si abbassano verso un umano precipizio nel quale spesso lasciamo rotolare la nostra vita.
Ieri, poi, a queste parole si aggiungeva la poesia dell'Inno alla Carità di San Paolo, fornendo spunti che avrebbero potuto originare il solito predicozzo preconfezionato, ricco di parole e poverissimo di contenuti, oppure...
Direi oppure.
Casualmente ieri ha celebrato - vista l'indisponibilità dei 2 sacerdoti della Comunità - l'Arcivescovo Emerito di Udine, originario del mio paese, che è tornato nella casa paterna a trascorrere la sua quiescenza.
Dava ancora maggior senso alle sue parole il sapere che lui stesso era "figlio del falegname", e probabilmente nel suo diventare sacerdote (e poi Arcivescovo) ha regalato una sorta di riscatto sociale ai suoi genitori e alle sue umili origini.
Certo per noi è talmente ovvio da sembrare null'altro che retorico affermare che il ceto sociale di provenienza non debba essere la prigione di tutta una vita. Ma non è stato così per i secoli passati. E speriamo non lo torni ad essere per il futuro.
Personalmente ho letto così la grande innovazione proposta dal ministro Gelmini sulla "gestione" dell'ultimo anno di obbligo scolastico: chi ha soldi continui a stazionare, indipendentemente da merito e perfino da capacità, sui banchi, chi non ne ha meglio che vada a lavorare garantendo la stabilità sociale...
Ma sì! Facciamo che torni ad essere difficile che il figlio di un poveraccio possa diventare altro che un poveraccio a sua volta...
Probabilmente il mio pensiero è condizionato dai racconti di come fin dalla primissima infanzia ciascuno andasse, suo malgrado, a ricoprire un ruolo, ferma restanto la possibilità che qualcuno facesse eccezione. Ma erano, appunto, eccezioni.
La mia nonna materna aveva partorito 13 figli e ne aveva fatti crescere 11.
Di questi 5 hanno imparato a leggere e scrivere e 6 sono rimasti analfabeti. Solo l'ultimo ha conseguito la licenza media, anche se tramite una scuola per corrispondenza.
In relatà tutti hanno frequentato la scuola elementare, ma compatibilmente ai tempi (guerra compresa) e, molto più banalmente, alla disponibilità di abiti e calzature consoni. Con un paio di "dalminas" andavano a scuola a giorni alterni più fratelli, chè non ce n'erano per tutti.
E poi, una volta arrivati a scuola, la maestra incaricava i figli dei più miseri del paese, di andare nel bosco a raccogliere le legna, per la scuola e forse non solo, escludendoli di fatto dalla possibilità di imparare anche solo a fare la propria firma.
Situazioni che non possono che scandalizzare...
Ma forse dovrebbero spaventare, nell'ipotesi che di nuovo si faccia conto sull'evidenza che "un popolo ignorante è più facile da governare"...
Del resto, non pare che nel nostro Paese la cultura sia una delle esigenze più sentite, no?
E, comunque, anche senza avere troppe cose per la testa, uno può vivere la sua vita...
Il Babo, mio zio, non sa nè leggere nè scrivere ma nessuno aveva la sua maestrìa nell'assistere i parti delle mucche o nella collaborazione con il casaro.
Parla correntemente il carnico ma non ha problemi con l'italiano e sa a memoria tutti i salmi che si cantano, rigorosamente in latino, nelle Celebrazioni... E a chi importa se sbaglia qualche desinenza?!
Scende nella cittadina a fondovalle almeno un paio di volte alla settimana e sbriga le commissioni anche per mia mamma che, nel caso, gli scrive quanto le serve su un biglietto e lui, semplicemente, passa il biglietto alla commessa di turno. E raramente viene fregato sul resto...
Non ha studiato Storia ma ha tutti i suoi ricordi ancora vividi e ci "istruisce" raccontandoceli.
E, per tutto il resto, c'è la televisione che fa sapere quanto qualcuno ritiene il caso di far sapere.
7 commenti:
Ottimo articolo cara Kaishe! purtroppo sembra proprio che abbiano intenzione di farci tornare indietro e giustamente, un popolo ignorante, è più facile da governare, da convincere, da plagiare etc.... sappiamo altresì, che ci sono stati in passato, uomini che, pur se analfabeti, sapevano il fatto loro: tuo zio ne è un perfetto esempio! ma oggi non so se, senza un adeguata cultura, potrebbero esserci uomini simili. Io continuo sempre a sperare che qualcosa cambi...spero che la mia non rimanga una pia illusione.
Ciao cara, buona giornata , con un abbraccio
bellissimo anche questo post, molto intenso e ricco non solo di annedoti, ma di emozioni....
^_______________^
Una volta terza elementare, quinta elementare e si era istruiti.
Ciao Kais, buona notte!
Bellissimo il tuo post Kaishe... anche il mio papà era figlio di contadini e poi con le scuole serali ha preso un diploma... altri tempi .... ora pare che stiamo ritornando indietro .... ma lo studio non è un diritto garantito e sancito della costituzione?... ma non siamo tutti uguali con gli stessi diritti e doveri?....mi vien da pensare che evidentemente per chi ci governa non è così ... che tristezza....
Un abbraccio Kaishe e buona giornata!
Un abbraccio Kaishe e buona giornata!
holaaaaaaaaaa querida
un abbraccio velocissimo ho dei giorni infernali beso grande!!
Eh sì, un popolo ignorante è più facile da governare. Purtroppo. E il mio timore è che un tempo si era ignoranti - perchè a sei anni c'erano le vacche da pascolare, altro che la grammatica e la geografia! - ma poi ti ritrovavi a guardare, magari a 50 anni, il programma tv che insegnava a leggere e scrivere; oggi invece ci sono tv, radio, internet, ma l'ignoranza è una scelta. Tra le mille proposte, piuttosto che Superquark si guarda il Grande Fratello, invece di Rai Educational lo sculettìo delle Veline...
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