domenica 24 maggio 2009

Il "mio" ponte...

Mi sono raccontata una specie di favola...

Scodacjut stava ancora ridacchiando sotto i baffi per essere riuscito (qualcuno ne dubitava?) a impietosire il padrone in barba alle regole che sancivano che si mangiava solo la mattina e la sera.
"Ora mi faccio una bella dormitina digestiva - si disse fra sè e sè - che mi sento stranamente languido. Anzi, vado proprio a cercare la mamma che ho voglia di coccole".
Così salì in camera, ma la mamma non c'era e lui, con quella strana sonnolenza, ci rimase ugualmente.
Gli sembrò di essersi assopito e di star sognando delle cose che aveva già vissuto.
Era in una casa diversa dalla sua. Con lui c'erano altri 3 micetti bianchi e una micia più grande che intuì fosse la sua mamma. Alcuni umani (sapeva bene che quei "cosi" alti erano umani... mica era uno sprovveduto!) si affacciavano di tanto in tanto alla loro stanza e mettevano in terra qualcosa per la mamma, ma non si occupavano di loro 4 piccoli.

Un pomeriggio arrivarono 4 umani in visita e lui si sentì prendere ma, anche se non gli era mai capitato, non si spaventò perchè qualcuno cominciò a dargli bacetti sul musetto. Quando capì che non lo riportavano dove l'avevano preso, era passato già parecchio tempo e lui cominciò a piangere, anche perchè era diventato tutto buio e lui era rimasto proprio solo. Allora la persona che lo aveva preso prima se lo riportò vicino e poi arrivò anche un umano un po' più piccolo che rimase a fargli compagnia finchè il buio se ne andò. A lui mancava la mamma, ma gli pareva che quella donna ne avesse preso il posto e ben volentieri lasciò che lei si occupasse di lui. Certo erano persone strane! Se lo portavano sempre appresso. Qualche volta solo nel prato davanti casa, altre invece in un posto più lontano dove c'erano anche altri umani che gli facevano carezze.
Poi lo mettevano vicino ai fiori e lo guardavano tutti... Mah!

Un giorno la mamma lo prese in mano e lo alzò così che riuscì a vedere, che un po' lontano, c'era un arco tutto colorato che nasceva dai prati e si nascondeva dietro le montagne...
Un arco come quello che vedeva ora. Anzi, adesso sembrava ancora più vero.
Attorno all'arco c'erano tanti animali e Momore scoprì che dalle loro bocche usciva come una melodia strana... una cosa che lui non aveva mai percepito e capì che, all'improvviso, lui sentiva.
Non solo. Riusciva anche a comprendere cosa dicevano e, quando sentì la parola "Licia" seppe che parlavano della sua mamma.
Un animale un po' diverso da lui e dai suoi simili si staccò dal gruppo e gli rivolse la parola:
"Ciao, sono Rufi. Non avere paura. Siamo tutti amici e alcuni conoscono la tua Licia. Io, in particolare, sono stato il suo cane quando andava ancora a scuola ed era una ragazza giovane".
Momore era stupefatto ma, ad essere sinceri, anche molto curioso.
Così cominciò a farsi raccontare da Rufi come fosse la sua mamma da ragazza. Scoprì così che lei confidava a Rufi tutti i suoi pensieri e gli dava il tormento raccontandogli di un certo Silvano. Momore, ridacchiando, gli disse che lo aveva sposato e Rufi ne fu molto felice: "Molto bene... almeno so che tutti gli appostamenti che facevamo hanno dato un risultato!"
Una gatta, che lo guardava con gli occhi un po' storti come Jodie, si vantò di essere stata la prima micia di Licia. "Le rubacchiavo i bocconi nel piatto standole sulla spalla" disse e lei rideva.
Intanto si avvicinò un micetto bianco e nero che disse di chiamarsi Terry e gli raccontò la sua avventura con Licia e di come lei lo avesse trovato fra i sassi di una casa caduta per colpa del terremoto e avesse tentato di farlo crescere... ma lui stava troppo male.
Si fece avanti anche Curut, un gattino tutto nero e con una sorta di cerchio bianco disegnato sul piccolo mento, e Scodacjut si ricordò di averlo conosciuto. Curut raccontò che a lui era capitato di poter rimanere solo pochi giorni con Licia, ma che in quei giorni lei lo aveva curato, coccolato e accudito... Anzi, lui e Terry facevano ridere tutti raccontando dei massaggi sul pancino che Licia faceva loro e delle puzzette che loro le "regalavano".
Anche Gabri venne a salutarlo e gli chiese notizie dei suoi fratellini, Lele e Michi, e pure di Martino. Ora lui era con la sua mamma e si occupavano anche dei 2 fratellini di Jodie che erano passati di là.
Poi Scodacjut gioì nel riconoscere in un gattone rosso che si agitava per richiamare la sua attenzione il suo amico Bandiera. Di tutti i gatti che erano passati per casa, Bandiera era quello con cui aveva legato di più, perchè era un micio molto educato e quando era sparito era davvero dispiaciuto a tutti.
E ancora altri cani e gatti e perfino un ghiro e due pesci rossi gli parlarono della sua mamma... e lui sentì forte una gran nostalgia di lei.
Ma i suoi nuovi amici (o fratellini? Dopotutto avevano la stessa mamma!) gli dissero che adesso lui doveva seguirli e che insieme avrebbero attraversato il ponte e che di là sarebbero stati sempre insieme e sarebbero stati molto bene. Gli dissero che dall'altra parte c'erano ancora altri amici della sua mamma. E amici degli amici della sua mamma. E che tutti volevano conoscerlo e stare con lui a raccontarsi delle proprie esperienze.

"Ma - disse Momore - la mia mamma mi starà cercando..."

"Stai tranquillo - gli dissero tutti - lei sa dove sei. E anche se anche lei ha tanta nostalgia di te, come ce l'aveva di noi, sa che stai bene. Fai finta di essere al camposcuola. Ti ricordi, vero, quando la mamma ti ha portato al camposcuola? Anche lì tu eri un po' spaesato, ma presto ti sei ambientato e, alla fine, il tempo è passato più in fretta di quanto pensavi..."
"Ma io voglio vederla - disse Momore - e sentire il suo profumo e lasciarmi coccolare."
"Un giorno accadrà - le disse Rufi con un sorriso dolce e sereno - prima o poi la mamma arriverà.. Perciò ti abbiamo cercato. Perchè così le correremo incontro tutti insieme. E allora le faremo vedere quanto bene le abbiamo voluto e lei potrà di nuovo stringerci e baciarci come faceva quando stavamo con lei..."

E stringendosi l'un l'altro nella certezza di appartenere alla stessa "famiglia" tutti i miei amici saltarono, con Momore, sul ponte dell'arcobaleno...

mercoledì 20 maggio 2009

Mandi, picjul gnò

Non riesco a formulare parole per dire ciò che è accaduto...
E non tiene nemmeno la consapevolezza che, per certi versi, un po' ce lo aspettavamo, visto i problemi che aveva manifestato oramai oltre un anno fa.
Di certo c'è che questo ultimo periodo era diventato capriccioso e, talvolta, prepotente... e io lo rimproveravo!
Il fatto è che si era trovato a dover condividere i suoi spazi, i suoi ritmi e i suoi affetti con 4 piccoli scalmanati che gli avevano cambiato la vita.
Io credo, però, che fosse un cambiamento in meglio perchè mi pareva che anche lui avesse finito per apprezzare la compagnia dei piccoli.
I quali lo rispettavano, comunque. E questo era un aspetto positivo...
E adesso mi pare impossiile che la mattina non avremo il nostro piccolo rito dei bacetti e delle morsicature al mento... e la sera non lo porterò a dormire nella sua stanza rubandogli l'ultimo bacio e sussurrandogli: Ti voglio bene, sai?

E all'ora di pranzo, quando tornerò a casa per la pausa, non sarà ad aspettarmi alla finestra e non sarà il primo a corrermi incontro, nonostante non mi sentisse arrivare, indovinando sempre da che parte sarei sbucata.
Il dolore più lancinante è toccato a mio figlio che, rientrato in casa, lo ha cercato e, dopo vari giri in ogni stanza, lo ha trovato sotto il mio letto... e non ha potuto far altro che prenderlo in braccio e chiamarmi in ufficio: Vieni a casa... e già sapevo che era successo qualcosa.
Aveva un'espressione serena e lo abbiamo baciato e accarezzato a lungo... non potevamo far null'altro.
Mandi, picjul gnò! Sarai sempre il mio Momore speciale!

Dedicata a Momore

A te Momore che ci hai riempito il cuore
con il tuo amore
per tutto il tempo che qui sei stato.
Ora che te ne sei andato
un gran
dolore ci hai dato
ma nel nostro cuore
una cuccia sicura hai trovato
e da
lì continuerai
a farci le fusa ogni dì
per tutti
i giorni che noi saremo ancora qui.

Grazie Gabry! E grazie a tutte per esserci...

domenica 17 maggio 2009

Il mistero più grande...

... è il cuore dell'uomo.
Oggi il mio è inquieto. Probabilmente è un mio difetto - sicuramente lo è! - ma sta di fatto che difficilmente ciò che mi accade accanto passa senza lasciarmi scalfitture.
Brutta cosa, questa.
Perchè certi episodi, certi incontri e certe persone in effetti meriterebbero una sana indifferenza... magari anche un po' di egoismo. Ma non mi riesce.
Oggi la giornata era dedicata all'Assemblea generale della Cooperativa per la quale lavoro.
Dunque, una giornata di attenzione all'andamento generale arricchito dagli incontri con i soci più fedeli che, di anno in anno, mi sono diventati quasi familiari.
A un certo punto vedo avvicinarsi un signore... lo riconosco e il cuore mi sobbalza nel petto. Quando mi si avvicina e mi rivolge la parola, d'istinto, gli giro le spalle. Mi riprendo da questo gesto poco educato (oltre che poco professionale) e gli dico "La prego. Mi consenta di recuperare un po' di lucidità e poi mi dica cosa mi stava chiedendo". E, senza riuscire a controllarmi, scoppio a piangere...

Lui mi lascia fare... e quando comincio a parlare mi ascolta. E poi mi dice alcuni suoi sentimenti.
Siamo su due fronti opposti, e ce lo diciamo chiaramente.
Ma siamo due genitori e stiamo parlando di sua figlia... e le sue parole mi penetrano fin nel luogo più profondo del mio cuore.
Alla fine io gli confesso di aver pregato per la sua ragazza... e pianto, come oggi.
Gli confido anche di aver scritto delle preghiere per lei e lui mi chiede se può averle.
Pochi minuti fa gli ho inviato una mail... Spero che avrà voglia di confrontarsi ancora con me.
Intanto io non posso non pensare alla loro storia. E non posso non farmi tante domande.
Quando ho raccontato ai miei figli di questo incontro, loro mi hanno chiesto che effetto mi avesse fatto incontrarlo...
Non lo so esattamente ma ho notato la sua serenità.

Stasera per questo uomo provo un altro sentimento rispetto a stamane.
Non ho cambiato la mia posizione... ma forse capisco un po' la sua.

martedì 12 maggio 2009

Dittatori e gentiluomini...

Dopo esserci sentite valorizzate come donne dall'atteggiamento di mariti che lasciano che le mogli e madri dei propri figli vengano trattate più o meno da prostitute opportuniste, la casualità del recupero della memoria di altri esaltanti esempi di italica galanteria, occupa le cronache.
Parlo della vicenda, per molti sconosciuta fino ad ora, di Ida Dalser e di suo figlio Albino Benito. Una vicenda che apparteneva ai racconti della nonna Cicci, mia suocera.

Mia suocera era nata a Sopramonte di Trento il 28 marzo del 1912... alle elementari, qualche classe più indietro, c'era un bambino che si chiamava Albino. Era nato l'11 novembre del 1915 e sua mamma si chiamava Ida. In paese tutti sapevano che la Ida era sposata o in procinto di sposarsi con un tipo romagnolo molto esuberante e poco concreto. Almeno, non della concretezza che contraddistingueva i compaesani (e tutti i "montanari" in genere). Del resto anche la Ida si distingueva dalle donne del suo paese, per stile e bellezza. E al romagnolo le donne piacevano. E molto anche!

Tutta la vicenda è stata approfondita, nel 2000, da un giornalista trentino che ha pubblicato il libro "L'ultimo filò" e adesso ripresa da Marco Bellocchio nel film "Vincere".

Alla Alessandra Mussolini questa cosa non pare garbare molto.
Nel salotto più frequentato d'Italia, quello dell'equidistante Bruno Vespa, si è profusa in svariate spiegazioni del perchè questa vicenda sia un falso.
Le più credibili (!) cominciavano, più o meno, con "La nonna Rachele era una contadina..." oppure "Anche la Claretta Petacci ha tanto insistito fino a che il nonno è capitolato... ma lui mica avrebbe voluto".
Io ancora non riesco a trovare il bandolo dell'intricato percorso mentale che dovrebbe portarmi a convincermi che mia suocera, già trent'anni fa, ci abbia spacciato per vero il copione di non so quale complotto.
Dovrei credere che i racconti su Benito Mussolini, maestro elementare a Tolmezzo nell'anno scolastico 1906/1907, famoso più per le bevute e le intemperanze che per la pedagogia, siano solo ricordi distorti (probabilmente per colpa dell'informazione comunista...).
Dovrei smettere, insomma, di dare ascolto a pettegolezzi sulle relazioni extraconiugali di cotanto fulgido esempio di italiche virtù, in realtà di pubblico dominio e ancora ricordate da testimoni oculari... perchè solo lei, nipote di nonna Rachele contadina, sa con certezza di cosa parla...

E certo!
Non può essere che così!
Siamo noi comunisti che siamo maliziosi mentre, da un duce all'altro, il loro unico, grande e santo desiderio, è quello di salvare questa povera Nazione dal pericolo rosso, anche attraverso una pregevole opera di valorizzazione della donna...

Ma va là, ma va là', ma va là'...
(e perdonatemi se rubo questa professionalissima espressione al bravo Ghedini)

Ad ogni buon conto, se alla patriottica nipote interessa, posso prestarle copia del libro che NON casualmente ho avuto occasione di leggere e conservo in quanto memoria della terra della nonna dei miei figli.
Poi potrebbe procurarsi, dello stesso autore, il volume "La prima moglie del Duce" e leggere le lettere che la Dalser scriveva dal manicomio (nel quale l'aveva reclusa il marito per sbarazzarsi di una presenza ingombrante per la sua ascesa politica) all'uomo che, nonostante tutto, continuava ad amare.

"Caro Benito, liberami, liberami per pietà! Si uccide una donna, un figlio che pesa troppo sulla coscienza solo perché ha il nome del padre… Su, via, alzati dal letargo che ti opprime, salva almeno il tuo sangue!"

Già! Il suo sangue. Quel figlio che aveva riconosciuto (e al quale aveva dato il suo nome, salvo modificarlo successivamente), ma che non esitò, quando era undicenne, a rinchiudere in un ricovero per handicappati per nasconderlo.

La fine della storia gliela lascerei scoprire... posso solo dire che, tutto sommato, pare che al giorno d'oggi, ad altre mogli, nonostante la gogna mediatica e le offese gratuite, vada meglio!

domenica 10 maggio 2009

Una dispensa a cielo aperto...

... ovvero "Quando la fame aguzzava l'ingegno".
I nostri vecchi - e non credo che le distanze geografiche cambino di molto le esperienze - avevano imparato a riconoscere erbe e frutti spontanei come commestibili forse rischiando assaggi azzardati quando la fame era superiore alla prudenza.
Dal bagaglio di conoscenze che ci hanno trasmesso, per quanto mi riguarda, tendo a cogliere solo le cose più elementari, chè non mi fido molto della mia "applicazione".
In questi giorni primaverili, complice la mia mamma e il suo desiderio di ripetere i ritmi che di anno in anno hanno scandito la sua vita, mi sono dedicata alla raccolta della "TALE", tarassaco o dente di leone per usare termini botanicamente più riconoscibili.
Di questa pianta che nei nostri giardini fa la parte dell'infestante, giacchè la sua propagazione è direttamente proporzionale alla nostra speranza di veder spuntare solo ciò che abbiamo seminato, si può fare un uso che comprende le varie fasi della sua maturazione.

Quando le foglie sono ancora giovani e, dunque, tenere, lo si coglie semplicemente per mangiarlo come verdura. Il condimento ottimale è quello che usavano i nostri vecchi. In una padella si fa sciogliere un po' di lardo tagliato a dadini (io uso la pancetta), fintanto che il grasso si è sciolto e i cubetti si sono asciugati diventando quelle che noi chiamiamo "fricjas". A quel punto si aggiunge la giusta quantità di aceto direttamente nella padella e poi si versa la mistura così ottenuta sulle foglie del tarassaco (che saranno state preventivamente lavate ed asciugate). Sale per chi lo usa e... provare per credere!
Ovviamente lo si può utilizzare per frittate, tortini di erbe oppure per risotti. Ma semplicemente condito e accompagnato da uova sode riporta ai tempi della mia infanzia e ha un sapore speciale.
Se invece la pianta comincia già ad avere al centro del ciuffo dei piccoli bocciolini che preannunciano la prossima fioritura, la si raccoglie con una parte della radice. Nel mondarla si pulisce bene la radice raschiandola con un coltellino, si tagliano le foglie per una lunghezza di circa 5 cm e si utilizzano i "ciuffi" che se ne ottengono per prapararli in agrodolce. Si mette a bollire l'aceto (bianco) con aggiunta di acqua in proporzione di 2 a 1. Si aggiungono 2 cucchiai rasi di sale e 4 di zucchero. Al bollore, si tuffano i ciuffi di tarassaco lasciandoli sbollentare per un paio di minuti, non di più.
Poi si scolano e si pongono ad asciugare su un ripiano coperto con spugne, coprendoli di stoffa. Quando saranno ben asciutti (l'indomani) si invasano ricoprendoli poi di olio. Si chiudono e si lasciano riposare almeno per una ventina di giorni ma, secondo me, val la pena di aspettare l'inverno per goderseli ricordando la raccolta nei prati.

E quando oramai i fiori la fanno da padroni?
Niente paura... ovvero qui non si butta via niente.

Con i fiori si può ottenere un ottimo miele (ma qui vado in fiducia visto che la ricetta mi stata data da una conoscente ma non l'ho ancora sperimentata).
Si raccolgono, dunque, i fiori di tarassaco (la ricetta è "tarata" su 350 gr.).
Si mettono a bollire, per 1 ora a fuoco lento, con un litro e ½ di acqua e 3 limoni a pezzi .
Si cola filtrando lo sciroppo ottenuto. Poi si aggiunge 1 kg e ½ di zucchero e si mette a bollire per altre 2 ore, sempre a fuoco lento, così che si "asciughi".
E, senza api, ecco
il miele pronto da invasare.



La fase successiva è quella più legata al mondo dell'infanzia: quando il fiore si trasforma in soffione.
Quanti dispetti soffiandoci l'un l'altro in faccia i soffioni.
E poi le bambine giravano il gambo e ciò che rimaneva del fiore. Con l'unghia incidevano una croce sulle pareti del gambo che si presenta come una cannuccia essendo "vuoto". Spingendo, poi, con il polpastrello del dito accompagnavano i lembi del gambo fino alla loro attaccatura lasciando che si arricciassero e con i riccioli ottenuti si adornavano i capelli o le orecchie...
E questo l'ho sperimentato non solo da bambina... ma anche stamattina, prima di accingermi a scrivere questo post.
Insomma, facendo una ricerca troverete che il tarassaco ha tante proprietà curative e depurative. Mangiandolo scoprirete che è BUONO!!!

E dato che quando lo mangio penso alla mia mamma... questo post è anche il modo per farle gli auguri per la FESTA felle MAMME.
A lei e a tutte le mamme del mondo, soprattutto a quelle che portano nel cuore la pena immensa di non avere più i loro figli... e mia mamma è una di loro.
E auguri al figlio di Mabrika Mimuni e ai figlioletti di Dolores Fasolini... che oggi non faranno festa.

giovedì 7 maggio 2009

Dobbiamo ridere?

... chè vige uno stile di totale asservimento alla volontà e ai capricci di chi comanda! Un compiacimento che tutto giustifica, tutto accetta, tutto applaude. Quando non lo vela di un'aura mistica che sconfina nell'idolatria.
Ma qualche domanda in un barlume di consapevolezza? Ma un minimo di senso critico? Ma la dignità personale? Ma uno straccio di rigurgito morale davanti a quello che viene propinato?



Fosse mio marito, o mio padre, o mio figlio, o (lo trovo orrendo al solo pensarci) mio nonno ad essersi meritata un'accusa talmente infamante da far inorridire... altro che ridacchiare delle sue battutine, esigerei che si difendesse, se fosse nelle condizioni di farlo!
Comunque riterrei che non è a Miriam (o Veronica) che dovrebbe essere chiesto di misurare le parole, ma alle varie Noemi o Francesca. Per evitare che qualche mal pensante, interpreti con malizia frasi del tipo: "quando ha qualche momento libero mi chiama e io lo raggiungo... è questo che vuole da me... solo io posso capirlo...", piuttosto che "può avere tutte le donne che vuole... tante gli si avvicinano con grinta... lo vedo anche io...".

Questa vicenda, risveglia nel mio personale "Angolo dei ricordi" un episodio che mi è stato raccontato... un avvenimento accaduto nel mio paese e del quale ho trovato io stessa "tracce".
Userò, ovviamente, nomi di fantasia perchè le protagoniste della storia sono ancora viventi.

Ginetta era poco più che una bambina ma, insieme con sua sorella Teresina, aveva fretta di essere considerata una signorina. Nei loro giochi oramai, le favole aveva lasciato spazio ai sogni ad occhi aperti e alle complici risatine che nascondevano dietro le mani quando incrociavano i ragazzi del paese. Ma un giorno Ginetta corse dalla sua mamma con il viso privo di sorrisi e gli occhi colmi di lacrime: "Vitaliano mi ha fatto delle cose..."
Sulle prime la mamma non capì bene cosa intendesse la sua bambina quando diceva "delle cose", ma Teresina si propose come testimone del fatto e raccontò alcuni particolari che fecero arrossire la mamma mentre il cuore le precipitava in fondo allo stomaco e le apriva una voraggine dentro. Urlò, la mamma, mentre le due bambine (ora sì, avevano riacquistato il loro essere fanciullesco!) piangevano a dirotto tenendosi strette l'una all'altra. Tutto il paese seppe e, anche se Vitaliano negava ogni accusa, tutto il paese giudicò, senza possibilità di appello.
La sentenza, però, la emise Vitaliano, da solo. E fu una sentenza di morte.
Lo ritrovarono che pendeva dalla corda attaccata alla trave di legno di una camera che per decenni portò il suo nome.
E il ritrovamento fece capire alle 2 sorelle che il gioco non poteva più continuare, e Ginetta pigolò "Era solo uno scherzo...", ma Vitaliano non rise.

Altri uomini? Certamente! Altra società, altri valori, altra moralità, altri pudori... altra onestà.
E come chiederla a chi non ha mancato di dar prova di non possedere nulla di tutto ciò? Solo la sua tronfia prepotenza, la sua becera ricchezza, il suo imperante interesse...

mercoledì 6 maggio 2009

Il compleanno del capotribù

Tutta la popolazione era in fermento. Anzi, lo era già da alcuni giorni.
Del resto, non era pensabile di far trascorrere sotto silenzio l'avvenimento. Ciascuno in cuor suo sapeva di avere un imperituro debito di riconoscenza con chi gli aveva aperto la porta di casa, condiviso il giaciglio e messo a disposizione il desco.
Se adesso potevano vantarsi di appartenere ad una comunità, ad una famiglia, anzi, era solo per effetto della disponibilità di chi, riconoscendo la propria condizione di privilegiato ma non facendosene un paravento, li aveva strappati a un futuro da derelitti e a un quotidiano da miserabili.
Dunque? Cosa potevano fare per manifestare la loro gratitudine e il loro amore?
Organizzare una festa a sorpresa con tanto di musica e balli?
Lui non pareva avere una particolare propensione per la musicalità, anche se talvolta, al mattino presto, se ne usciva sulla terrazza della sua abitazione e gorgheggiava verso il sole nascente. Ma non aveva mai manifestato una predilezione per un ritmo piuttosto che per un altro, nè di avere uno spiccato "orecchio musicale".
Orientarsi su un tipo di festeggiamenti alternativo, magari ingentilito dalla presenza di ospiti femminili?
Giammai! La morigeratezza e la serietà di Lui erano sotto gli cchi di tutti. Non si era mai assistito ad alcun episodio meno che cordiale ma non lo si era nemmeno mai visto cedere alle lusinghe di gatte-morte o similia.
Qualche regalo particolarmente sfizioso?
Ma cosa?
Aveva tutto ciò che essi riuscivano a immaginare si potesse desiderare: una casa accogliente, una famiglia affettuosa, comprensiva e disponibile, la possibilità di mangiare, dissetarsi, stare al caldo nei lunghi giorni invernali o allungarsi a cercare refrigerio negli oziosi pomeriggi estivi, il possesso del telecomando nelle giornate uggiose e la prelazione sulla lettura mattutina dei quotidiani, un aspetto più che gradevole che gli attirava un'istintiva simpatia e, contemporaneamente, un distacco da ogni cosa quando era immerso nelle sue filosofiche riflessioni, un'intelligenza notevole e una capacità di esprimersi assolutamente istintiva...
Cosa, allora?
Forse una torta... magari fatta con il contributo di tutti, con un'oculata scelta degli ingredienti e una sapiente lavorazione affidata alle zam... mani più esperte.
Non vi pare una bella idea per un compleanno speciale?
La decisione è presa!
Speriamo che Lui apprezzi...
Dividiamoci i compiti:
Lele, tu porta un sacchetto di crocchette al caviale. Non badiamo a spese, eh!
Michi, una confezione di bocconcini... scegli tu il gusto.
Martino, latte, lievito e un po' di farina... zucchero no!, chè sta attento alla linea.
Jodie, tu l'occorrente per le decorazioni.
Già me la immagino.
Ho l'acquolina. in bocca. Mmmmmhhhh...
Ehi voi... Fermi!
Niente candeline. Conoscendovi, rischiamo di bruciare la casa... magari aggiungeteci alcuni confettini di "Fortekor", per scrivere gli anni: 11...

STAIT ATÊNZ…

Questo, come ogni altro blog, è tutelato dalla legge 675 del 1996 (tutela della privacy), dall'estensione della suddetta avutasi con il Decreto Legislativo n° 196 del 30/06/2003 e dalle norme costituzionalmente garantite al nome, alla persona, all'immagine ed all'onore.
Quindi, se pensate di passare di qua per scrivere "spiritosaggini" a ruota libera, ve ne assumerete anche le eventuali conseguenze. Per parte mia, mi riterrò libera di intervenire se rileverò che si siano superati i limiti dettati dall'educazione e dal rispetto della dignità riconosciuta alle persone... TUTTE!
L'anonimato, evidentemente, non garantisce la copertura assoluta, poichè, eventualmente, la Polizia Postale può richiedere l'elenco degli IP che hanno effettuato l'ingresso al blog.
Sa ti va ben cussì bón… sennò piês par te!!! …tu pós ancje šindilâti: prat denant e selve daûr…

Stiamo insieme da...

Dicevi??? ^-^

37 grazie x 22 PREMI!!!

Sira degli Oedv Presiùs

Sira degli Oedv Presiùs
Grazie Cri!!!

Embè...

Embè...
Piuma nel Vento ringrazia OEdV!

Già! ... anche...

Blog360gradi - L’aggregatore di notizie a 360° provenienti dal mondo dei blog!

Ma certo che NO!!!