Erano stranieri in paese.
Lei, la maestra elementare che tutti trattavano con deferenza, lui, operaio nelle vicine miniere di carbone che parlava un italiano strano. Entrambi che non parlavano friulano.
Erano arrivati all'inizio dell'anno scolastico e lei era evidentemente incinta, ma andava comunque a scuola a tenere le sue lezioni.
Quando qualcuno prendeva un po' di coraggio e chiedeva loro come mai si fossero trasferiti in quel paese dimenticato da Dio, lei rispondeva che avevano sentito dire che in Carnia la guerra non era arrivata. E così erano partiti in cerca della pace nella quale volevano far crescere la bimba di poco più di un anno che avevano già e il nascituro. C'era anche un altro bambino, Elio, ma il suo destino era stato di non riuscire nemmeno ad assaporare la vita. Il cordone ombelicale lo aveva soffocato durante il travaglio del parto.
A quei tempi, solo due anni prima, vivevano nella casa paterna di lui, insieme ai genitori, agli altri fratelli e ad una cognata.
Lei non ne parlava volentieri. Lo avrebbe fatto tanti anni dopo, quando i ricordi oramai non facevano più male. In quella casa si era sempre sentita ospite, e non sempre gradita. Talvolta loro parlavano la loro lingua e lei non capiva cosa si dicessero. Altre volte la cognata le rinfacciava di mangiare le "sue" patate. Sempre le rimaneva l'amarezza di non aver ancora goduto della gioia di essere stretta da una famiglia calda e solidale. E poi il suo bambino che non ce l'aveva fatta a nascere e i soldati che erano venuti a controllare come mai. Pronti ad accusare di non aver fatto tutto il possibile per salvare un nuovo italiano... ma capaci di stupirsi che la mamma fosse lei stessa poco più che una bambina.
Ma questo era passato. Adesso si poteva, si doveva, pensare al futuro. E il futuro era la loro famiglia. E l'essere "stranieri" sarebbe diventato la loro forza e il loro vincolo più resistente...
Intanto nacque il bambino: un maschietto! Era il 25 novembre del 1942.
E poi si trasferirono ancora e ancora... e la guerra finì e nacquero ancora due bimbe.
E finalmente arrivarono in un paesino sperduto nel quale decisero di stabilirsi.
E la gente si rivolgeva a lei con deferenza e riteneva che lui si esprimesse in un italiano un po' strano... ma loro parlavano poco e non tutti capirono che continuavano a sentirsi foresti.
Lei, la maestra elementare che tutti trattavano con deferenza, lui, operaio nelle vicine miniere di carbone che parlava un italiano strano. Entrambi che non parlavano friulano.
Erano arrivati all'inizio dell'anno scolastico e lei era evidentemente incinta, ma andava comunque a scuola a tenere le sue lezioni.
Quando qualcuno prendeva un po' di coraggio e chiedeva loro come mai si fossero trasferiti in quel paese dimenticato da Dio, lei rispondeva che avevano sentito dire che in Carnia la guerra non era arrivata. E così erano partiti in cerca della pace nella quale volevano far crescere la bimba di poco più di un anno che avevano già e il nascituro. C'era anche un altro bambino, Elio, ma il suo destino era stato di non riuscire nemmeno ad assaporare la vita. Il cordone ombelicale lo aveva soffocato durante il travaglio del parto.
A quei tempi, solo due anni prima, vivevano nella casa paterna di lui, insieme ai genitori, agli altri fratelli e ad una cognata.
Lei non ne parlava volentieri. Lo avrebbe fatto tanti anni dopo, quando i ricordi oramai non facevano più male. In quella casa si era sempre sentita ospite, e non sempre gradita. Talvolta loro parlavano la loro lingua e lei non capiva cosa si dicessero. Altre volte la cognata le rinfacciava di mangiare le "sue" patate. Sempre le rimaneva l'amarezza di non aver ancora goduto della gioia di essere stretta da una famiglia calda e solidale. E poi il suo bambino che non ce l'aveva fatta a nascere e i soldati che erano venuti a controllare come mai. Pronti ad accusare di non aver fatto tutto il possibile per salvare un nuovo italiano... ma capaci di stupirsi che la mamma fosse lei stessa poco più che una bambina.
Ma questo era passato. Adesso si poteva, si doveva, pensare al futuro. E il futuro era la loro famiglia. E l'essere "stranieri" sarebbe diventato la loro forza e il loro vincolo più resistente...
Intanto nacque il bambino: un maschietto! Era il 25 novembre del 1942.
E poi si trasferirono ancora e ancora... e la guerra finì e nacquero ancora due bimbe.
E finalmente arrivarono in un paesino sperduto nel quale decisero di stabilirsi.
E la gente si rivolgeva a lei con deferenza e riteneva che lui si esprimesse in un italiano un po' strano... ma loro parlavano poco e non tutti capirono che continuavano a sentirsi foresti.
14 commenti:
Holaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bella la storia ....è la tua storia?????
un abbraccio a dopo dopo!!!!
I miei suoceri.
Lei di Trento, lui istriano (allora Italia).
E il bambino (che oggi compie gli anni) è mio marito!!!
Kai, ma ci credi che avevo capito che stavi parlando dei tuoi suoceri e del tuo sant'uomo????
Ne sono sorpresa io per prima!
Innanzitutto, mille auguri al compagno della tua vita, e poi un breve ricordo:
Nonit, come sai, è trentina, della Val Gardena, e la sua famiglia lo era da generazioni; mio padre era laziale e i due colombi si conobbero (e si innamorarono) durante il servizio militare che mio padre andò a fare proprio nel paesello di Nonit; lei mi racconta ancora oggi, di quanta diffidenza e curiosità fu oggetto quel bel e giovane "foresto" e di quanto fu osteggiata per essersi innamorata di un "italiano".
Sig!
Mamit cara... foresto è proprio il termine esatto (e lo correggo subito anche nel post).
I miei suoceri si conobbero perchè lei andò a insegnare sull'Isola di Cherso.
Ma ne avrei di cose da raccontare su di loro.
Non sono stati molto fortunati e la vita ha risparmiato loro ben poco...
allora Auguri auguri al tuo compagno di vita!!!!
un abbraccio!!!!
Auguroni al tuo fortunato compagno di vita!
In quanto ai "foresti" ha già detto tutto Mamit :)
Io aggiungo un premio... Che trovi qui: http://gattiemisfatti.blogspot.com/2008/11/premio.html
Bacio
Auguri Kaishe per tuo marito....
Foresti... anche mio papà veniva considerato tale, insomma straniero in patria, lui che veniva dal nord qui a Napoli, all'epoca 1939 era considerato strano perchè di solito accadeva proprio l'opposto che da Napoli si andava al nord in cerca di lavoro.
Un saluto e ancora tantissimi auguri!
auguriiiiiiiiiii allora anche al "signor Kai"
;-))))))))))))))))))
Siamo tutti foresti... ma ce lo dimentichiamo e, talvolta, feriamo il vicino con atteggiamenti da padroni.
Però... "signor Kai" me gusta mucho...
Ora gli cambio cognome.
Tanto sarebbe solo la seconda volta, per la sua famiglia.
La prima fu ad opera di Mussolini che provvide ad italianizzare i cognomi degli "slavi" che scelsero il suolo italiano.
E fu così mio suocero e i suoi fratelli ebbero (e allo stesso modo, al presente, gli eredi) cognomi differenti!
Hai ragione; tutti siamo stati "foresti" in vari modi e in diverse epoche storiche. Riscattarsi non significa dimenticare le proprie radici, ma vivere insieme ad altri "foresti" la propria identità altrove.
Resta sempre valida e più che mai attuale la definizione di se stesso di Einstein che, alla richiesta di che razza fosse, orgogliosamente rispose "umana".
L'unica che si dovrebbe distinguere da quella "barbara".
Arrivo in ritardo come sempre allora augurissimi a S. e mami non è anche il compleanno di G. a breve o è già stato ???
Beh che dire tranne D. siete tutti a novembre in famiglia ???
D è sempre l'eccezione che conferma la regola eh.....
Insomma... D = eccezione???
Mica poi tanto... lui è novembrino di ... concepimento!!!
E comunque sì! G li compie venerdì. Giusto una settimana dopo il mio.
Il che ci consente di gozzovigliare per 8 giorni senza rimorsi...
Buongiorno Kaishe e buona giornata!
Ohy mami eccomi, beh dai D. eccezione nel senso che è in agosto quindi non è novembre....
Venerdì mollo il lavoro....ma che giornate assurde...mamma mia....ti racconterò...
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