mercoledì 27 agosto 2008

Miki e il gorgonzola...

Miki è un gattino con un carattere particolare...
Non fa mai lui il primo passo... anche se poi accetta di buonissimo grado le carezze rispondendo con fusa assai sonore...
Ama stare per conto suo e solitamente sono Lele e Martino che lo cercano sollecitandolo, di volta in volta, a giocare o a dormire stretti stretti.
Durante la notte rarissimamente sale in camera a cercarci preferendo starsene nella sua cesta e lasciando a Lele la postazione delle gambe di S. e a Martino il vezzo di stendersi sopra la scrivente mamma.
Ma c'è una cosa alla quale non resiste: la tavola...
Miki è il mangione del trio... e si vede. Anzi, si sente!
Tra l'altro è decisamente onnivoro... e tutti gli si confà...
Nelle sperimentazioni culinarie abbiamo scoperto che quando mangia gorgonzola gli si attacca al palato inducendolo poi a leccarsi e slinguazzare lungamente...
Troppo forte!
Potevamo non farne oggetto di divertimento e risate???
Forse sì... ma guardatelo e ditemi se non è spettacoloso il lavorio della sua linguetta...

martedì 26 agosto 2008

Un vero benefattore...



La bella lavanderina
che lava i fazzoletti

per i poveretti
della città.

Fai un salto, fanne un altro,

fai la riverenza, fai la penitenza,

guarda in su, guarda in giù,
chiudi gli occhi e bacia chi vuoi tu!...



Al rientro dalle ferie mi prende sempre la voglia di rendere omaggio a un uomo che, forse inconsapevolmente, è stato davvero un grandissimo benefattore dell'umanità, soprattutto della parte femminile dell'umanità: l'inventore della lavatrice!

La visione della mia lavanderia invasa di panni che, anche se uscivano dai borsoni senza essere stati indossati, dovevano essere sottoposti a lavaggio, poteva dare il colpo di grazia alla mia forma, già compromessa dall'asma bronchiale... ma mollemente appoggiata fra bruciatore e lavandino c'era lei... la mia lavatrice sempre disposta ad aprirmi il suo oblò e a sbattacchiare, risciacquare, trattare di ammorbidenti tutto ciò che reputavo bisognoso di cure... tutto, insomma!
E così, le ho subito dedicato tutta la mia attenzione e l'ho fatta sentire utile e importante facendola fare almeno 2 dozzine di lavaggi intervallati solo dal tempo necessario a liberare spazio per stendere nuovi panni sulla terrazza e sui due stendini...
E intanto che lei faceva girare i panni... anche la mia mente vagava e pensava a chi mai fosse stato così bravo da inventare un simile marchingegno... e a quanta gratidudine gli dobbiamo...
Mi sono informata...

(da un articolo di Giovanna Zucconi - La Stampa 11 dicembre 2007)
L'inventore della lavatrice fu un teologo settecentesco di Ratisbona, Jacob Christian Schähffern; nelle prime réclame americane era vista come un'entità maschile e perfino maschia
a good washer is like a good man
e ora il sindaco di Moiola nel Cuneese annuncia che erigerà un monumento in suo onore
non è stata la pillola ma la lavatrice
ad aver liberato ed emancipato le donne

sostiene.
Malgrado tante attenzioni virili sarebbero però le donne a dover render grazie al parallelepipedo, ad adorarlo come il totem del tempo ritrovato. Se solo non avessero, non avessimo, dimenticato in fretta, frastornati come siamo e lamentosi contro il logorio della vita modena, com'era il logorio della vita premoderna. ...
Se mai riuscissimo a scender dalla giostra (o forse è una centrifuga) dei consumi, la testa ci girerebbe troppo: non capiremmo che cosa ci è capitato in un paio di generazioni appena. Ed è un peccato.
E' un peccato non sia esistito un Carducci che estendesse il suo elogio del locomotore (Inno a Satana) anche alla lavatrice.
Dalla ingenuità idolatra del positivismo e di tutti i progressismi che in ogni motore e aggregato di ferraglia vedevano il Mito incarnato, siamo passati troppo in fretta a una delusa malinconia. E' come se, insieme con l'aria e le acque, fosse inquinato anche il piacere di aver liberato tempo ed evitato fatica grazie all'automazine. Ora che l'Ottocento è finito da un pezzo e il Novecento pure, il si stava meglio è diventato un automatismo, la nostalgia un rictus collettivo. ...
Comunque: insieme è una parola sciacquata via dalla lavatrice un elettrodomestico che, a differenza di radio, televisione poi computer, non collega con il mondo esterno. Tant'è che all'inizio le femministe dibatterono se non fosse un più evoluto strumento di segregazione domestica, anziché di liberazione. ...
Guardando però all'oblò non con il nostro sfiancato cinismo ma con l'entusiasmo delle tante piccole liberazioni che seguivano alla Liberazione, piace immaginare una donna seduta a leggere, mentre nello stanzino la lavatrice faceva il suo lavoro. ...
Meglio oggi.
Oggi Enrica Asquer, che rappresenta per certi versi la figlia o nipote di quella donna leggente scrive "La rivoluzione candida. Storia sociale della lavatrice in Italia (1945-1970)".
Racconta, fra molto altro, che gli italiani nel dopoguerra comprarono prima il frigorifero e poi la lavabiancheria (60 contro 2 nel 1956). Perché la fatica andava esorcizzata ma la fame ancora di più.

Ora aspetto di lodare con altrettanta gratitudine colui che vorrà inventare i panni autostiranti...
o il ferro autoripassante...
o i cassetti ad effetto autoripiegante di ciò che vi si introduce...
o gli armadi autoriordinanti e autocambiodistagione...
o...
Oooohhh... basta!
Mica posso stare a pensare a 'ste invenzioni che c'ho una montagna di panni da stirare!

Intanto, come potete vedere, i miei amorMICI ce la mettono tutta per aiutarmi...

domenica 24 agosto 2008

Zahre

Avrei voluto fare un bel post con le foto del camposcuola appena tenutosi... ma il fotografo è troppo preso dalla fidanzata e non vogliamo fare gli scocciatori...
Così vi racconto qualcosa, riservandomi di riparlarvi della nostra magica settimana saurana un'altra volta.
Dunque, da cosa cominciamo?
Direi dal luogo: Sauris di Sopra...
Secondo la leggenda il borgo è stato fondato intorno al XIII o XIV secolo da due soldati tedeschi in fuga dalla guerra. Non a caso ancora oggi Sauris conserva la sua antica lingua, il saurano, molto simile al germanico, così come le tradizioni religiose e la venerazione per alcuni santi della terra di origine dei suoi primi abitanti e la denominazione nella lingua locale di paesi, località e case... Zahre, Plozn, Ruke, Velt, Pa'...
... e poi la settimana del camposcuola...
Il periodo di camposcuola prevede uno stile di vita sobrio e un percorso formativo.
Uscita quotidiana per giochi vari nei prati o nel bosco, due escursioni di cui una comprensiva di pernottamento in malga, almeno un'attività quotidiana sull'argomento del campo, preghiera del mattino e della sera (anche ai pasti... ma molto poco "canonica"), poco sonno, molti canti, tante confidenze, alcune parolacce, rari tentativi di ripristinare l'ordine e, per chiudere in bellezza, il gioco notturno.
Ho affrontato molto bene le due escursioni e me le sono proprio godute... tra l'altro non abbiamo preso che poche gocce di pioggia al rientro dalla malga... compensata dall'umidità della lunga serata attorno al falò e dall'aria frizzantissima che spirava in cresta.
La prima escursione ci ha portati, dopo un sentiero in ripida discesa, sul greto del torrente Lumiei e, percorrendone l'argine asciutto, alla sua foce in una lingua del Lago di Sauris letteralmente tra i monti... come si vede dalla foto qui sopra, da dopo si individua il prcorso dal paese alle acque del Lago.
Punto negativo: la discesa della partenza si trasforma inevitabilmente in salita al ritorno... e che salita!
Perciò la seconda escursione, portandoci esattamente agli antipodi, è cominciata con una salita che ha la brutta abitudine di stroncare le gambe... ma ce l'abbiamo fatta...
Punto problematico: dato che un paio di ragazzini non stavano bene, abbiamo concordato con il malgaro che li passasse a prendere in paese e li portasse con il suo mezzo appropriato fino alla malga. Avutone conferma, abbiamo pensato di partire un po' più leggeri e lasciare che ci portasse anche le cibarie per la cena e la colazione...
Alle 9 di sera abbiamo cominciato a preoccuparci... alle 9,3o abbiamo acceso il falò quale buon auspicio, alle 10 eravamo schizzati e cantavamo perchè i ragazzi non se ne avvedessero... ma la fame cominciava a farsi sentire... Tra l'altro in zona non c'era campo per i cellulari...
A quel punto però due animatori sono partiti alla ricerca della copertura... e finalmente sono riusciti a contattare il paese che ci ha rassicurati che erano partiti con un leggero ritardo.
Nessuno osava formulare una frase che contenesse la parola "incidente", ma questa aleggiava tra noi... Poi finalmente vediamo in lontananza due fari...
I canti si sono fatti molto più ritmici, il fuoco è stato ravvivato e i bastoncini sono stati lestamente portati vicino al fuoco perchè potessero compiere il loro mestiere: infilzare le salsiccie da cuocere alla fiamma...
Insomma, alle 11 abbiamo mangiato di buonissimo appetito e poi abbiamo goduto il cielo... e il freddo, l'umidità e il fumo del falò... ma eravamo proprio felici!
Poi, dopo manovre che nemmeno un battaglione fra i denti da lavare, il bagno da visitare, i sacchi a pelo da distendere... tutto rigorosamente senza elettricità e con qualche torcia che passava di mano in mano, finalmente abbiamo dormito, nonostante il russare di parecchi personaggi.
Un ultimo accenno al gioco notturno...
E' tradizione che i ragazzi si scatenino nello svolgimento di questo ultimo gioco... ed è altresì tradizione che si scatenino anche gli animatori...
Dato che il gioco si svolgeva in giro per il paese, abbiamo raccomandato di non far capire chi fossimo, per evitare mugugni nel futuro.
A un certo punto si affaccia una signora su una terrazza e seccamente ci invita a smetterla di vociare.
Una ragazzina guarda in su e fa: Scusi, signora, ma sa... siamo BoyScout...
Ai suoi improperi ci siamo allontanati e, incontrando il nostro don, gli abbiamo raccontato lo scambio di battute. E lui, serafico: Ma Licia, tu gli hai detto che sei la "Donna vestita di sole"...
Abbiamo faticato a trattenere i ragazzi che volevano andare a suonare il campanello della signora per aggiornarla sulla mia identità "segreta"...


A proposito della Donna vestita di Sole... quest'anno l'itinerario formativo del camposcuola prevedeva di conoscere meglio una ragazza coetanea dei nostri ragazzi fruitori dell'esperienza. Una ragazza ebrea di nome Maria.
Di Lei vi racconterò prossimamente... quando avrò foto per essere più chiara... intanto posto una foto dello scorso anno... queste sono le MIE ragazze... anzi, una mi chiama proprio MAMMA...



mercoledì 20 agosto 2008

Una speranza nel cielo di Praga...

Ci sto pensando da un paio di giorni...
Ci sono giorni che fanno non solo la Storia, ma anche la nostra personale, piccola, storia... I giorni della cosidetta "Primavera di Praga" sono impressi nel mio animo come se ne avessi condiviso l'esaltazione, le sofferenze, la tragedia. E il nome di Jan Palach torna spesso nei miei pensieri suscitandomi sempre il medesimo sentimento di stima... Il '68 inteso come la stagione della forte richiesta di libertà dei giovani è arrivato nei nostri paesi molto più tardi di quanto la Storia celebri, o denigri, secondo le posizioni. Le minigonne, gli eschimo, i capelli lunghi degli uomini, una maggiore libertà sessuale, non bastano però a raccontare quell'anno. io ero una ragazzina dodicenne, molto meno sveglia delle dodicenni di oggi, e, anche se scandivo gli slogan contro la scuola, la famiglia e la società, nel mio mondo ci stavo bene... soprattutto nella mia famiglia. Con i miei genitori abbiamo sempre parlato di tutto, anche degli avvenimenti che i programmi scolastici non affrontavano, e abbiamo cercato di mantenere uno spirito critico su ogni accadimento. Così, pur sentendomi profondamente aderente alla politica di sinistra, non posso non ricordare l'enorme impressione delle notizie che arrivavano dai paesi dell'Est...
"Martedì 20 agosto fu un tipico giorno estivo, caldo, con un sole velato. Praga era piena di turisti, intere famiglie passeggiavano o sedevano nei parchi. La città, anzi l'intero paese era tranquillo…era inconcepibile pensare che nel giro di poche ore i carri armati sovietici ci avrebbero assalito." Così Alexander Dubcek, leader della Primavera di Praga, ricorda quel giorno del 1968 nella sua autobiografia "Il socialismo dal volto umano". Fu un giorno che segnò l'apertura di una ferita lunga più di vent'anni e che vide i carri armati dei paesi aderenti al Patto di Varsavia, U.R.S.S., Bulgaria, Ungheria, Polonia e Germania Est (la Romania non aderì), calpestare le strade di Praga, permettere la parola fine a un processo politico il cui obiettivo, sempre secondo Dubcek, doveva essere "la creazione delle condizioni necessarie a ogni individuo per autoaffermarsi in tutte le sfere del lavoro e della vita".
Oggi, che la memoria di quei giorni diventerà inevitabilmente argomento del quale avvalersi per denigrare gli avversari politici, non scrivo queste parole per dichiarare il mio giudizio... a chi servirebbe? E comunque la Storia non si giudica... serve di più conoscerla e trarne insegnamenti. Certo che i fatti di questi giorni non dimostrano alcuna lezione imparata...
Le scrivo unicamente per rendere omaggio a un giovane che CREDEVA nei suoi ideali... fino a dare la vita: Jan Palach...

Studente di filosofia, ventunenne, Jan Palach si appiccò il fuoco, dopo essersi cosparso di benzina, il 16 gennaio 1969, in piazza San Venceslao a Praga. Da quel giorno Jan Palach è diventato il simbolo della "Rivoluzione di Praga" soffocata dai carri armati dell'allora Unione Sovietica.
Il suo gesto era rivolto alla stagnazione della situazione... la Primavera di Praga era diventata oramai inverno e nulla pareva accadere. La lettera che Jan Palach temeva bruciasse con i suoi abiti e la sua carne, fu letta subito dopo la sua morte. Era, insieme ai documenti, nel sacco che Jan aveva lasciato cadere qualche metro più in là, prima di accendere il fiammifero. Era scritta su un quaderno a righe da scolaro:
"Poiché i nostri popoli sono sull'orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l'onore di estrarre il numero1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l'abolizione della censura e la proibizione di Zpravy (il giornale delle forze d'occupazione sovietiche). Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s'infiammerà."
La lettera manifesto era firmata: la torcia numero uno.
Il Vaticano stesso espresse il proprio giudizio sul gesto del giovane, affermando che "n
on fu una sbagliata rinuncia a quel dono di Dio che è la vita"...
Anche il cantautore Francesco Guccini renderà omaggio a Jan Palach nella canzone "Primavera di Praga"...
Di antichi fasti la piazza vestita
grigia guardava la nuova sua vita,
come ogni giorno la notte arrivava,
frasi consuete sui muri di Praga,
ma poi la piazza fermò la sua vita
e breve ebbe un grido la folla smarrita
quando la fiamma violenta ed atroce
spezzò gridando ogni suono di voce...

Son come falchi quei carri appostati,
corron parole sui visi arrossati,
corre il dolore bruciando ogni strada
e lancia grida ogni muro di Praga.

Quando la piazza fermò la sua vita,
sudava sangue la folla ferita,
quando la fiamma col suo fumo nero
lasciò la terra e si alzò verso il cielo,
quando ciascuno ebbe tinta la mano,
quando quel fumo si sparse lontano,
Jan Hus di nuovo sul rogo bruciava
all'orizzonte del cielo di Praga...

Dimmi chi sono quegli uomini lenti
coi pugni stretti e con l'odio fra i denti,
dimmi chi sono quegli uomini stanchi
di chinar la testa e di tirare avanti,
dimmi chi era che il corpo portava,
la città intera che lo accompagnava,
la città intera che muta lanciava
una speranza nel cielo di Praga,
dimmi chi era che il corpo portava,
la città intera che lo accompagnava,
la città intera che muta lanciava
una speranza nel cielo di Praga,
una speranza nel cielo di Praga,
una speranza nel cielo di Praga...

lunedì 18 agosto 2008

Ors di Pani: l'epilogo

Località Pani di Raveo, 900 mt. di altitudine.
Una sorta di Giardino di Eden nel verde della Carnia.

Un sabato sera due sciatori bussarono alla porta dell'abitazione dell'Ors di Pani.
Lo chiamavano "orso" per una spiccata ritrosia a scendere in piano…
I due sciatori, sfidando la bufera di neve che ha raggiunto in Pani l'altezza di un metro, s'erano arrampicati fin lassù per trascorrere la domenica in compagnia di sior Toni, che volentieri - a dispetto del nome di "orso" - apriva la porta della sua ospitale dimora a quanti raggiungevano il suo eremo.
L’uomo viveva con la figlia Maria, ma la donna non era in casa.
Invitati a cena e a trattenersi per la notte, i due ospiti, dopo alcuni convenevoli, lasciavano allo Zanella i loro zaini per recarsi presso uno stavolo a qualche centinaio di metri di distanza per salutare alcuni amici. Durante il cammino si imbattevano nella figlia dello Zanella, che stava rientrando da una gita a Tolmezzo, e alla donna confermarono che avrebbero trascorso la notte in casa loro.
Dopo circa mezz'ora i due sciatori si accomiatavano dagli amici per tornare all'abitazione dell'Ors: nell'oscurità fra un turbinio di neve, essi intravvidero, forse addossata alla porta della casa, una figura d'uomo che teneva fra le mani, con la canna rivolta a terra, un fucile; sulla schiena appariva la sagoma di uno zaino. Convinti che si trattasse del loro ospite, gridarono: "Toni, sei tu?".
Rispose una voce minacciosa: "Non sono Toni. Tornate subito indietro che qui non è affare per voi!"

Intimoriti dal perentorio tono dello sconosciuto, di cui non erano riusciti a conoscere il volto i due sciatori si allontanavano per dare l'allarme: ma nessuno degli abitanti di quella sperduta comunità, dove non è ancora arrivata la luce e dove si fa vita in comune con le mucche e le pecore, raccolse l'invito di andare a vedere di che si trattasse. E, forse, la paura ha avuto una parte determinante in questo mancato intervento, che avrebbe, chissà?, evitato la tragica fine di due persone.
Al mattino, con altri valligiani, i due tornarono nuovamente a bussare alla porta dello Zanella, ma senza ottenere risposta. L'uscio fu spinto e un raggelante spettacolo si presentò ai loro occhi. Maria Zanella giaceva a terra, in cucina, cadavere; era stata uccisa con un colpo di fucile da caccia esploso a distanza ravvicinata, in pieno petto. L'Ors di Pani non era in casa: la sua stanza appariva in ordine, mentre quella della figlia era stata messa sossopra: i tiretti dei mobili erano stati rovistati e gli indumenti sparsi qua e là. Sul comò, bene in vista, una scata di borotalco che conteneva braccialetti, anelli, orecchini e rottami d'oro di proprietà della donna, per un peso di circa un chilo.

La notizia del macabro rinvenimento, arriva subito a valle mentre ancora ci si chiedeva che fine avesse fatto l'Ors e quale relazione avesse la sua scomparsa con l'uccisione della figlia. A tale proposito furono avanzate dalla popolazione numerose ipotesi, ivi compresa quella di un possibile omicidio da parte del vecchio "patriarca di Pani", il quale, pur essendo sulla soglia dei settant'anni, era ancora un uomo robusto, energico, autoritario. Ed era nota, in paese e altrove, la natura dei suoi rapporti con la figlia, per cui erta quasi lecito supporre che la donna si fosse ribellata, ad un certo momento, al padre e che questi l'avesse uccisa in un impeto d'ira per poi fuggire sui monti.
In tutte le osterie, i bar e le case della Carnia c'era, domenica, chi scommetteva che il vecchio si sarebbe suicidato. Era un'opinione quasi generale, che aveva ragione d'essere in ordine, soprattutto, alla confusa situazione familiare dello Zanella.
Invece anche l'Ors è stato ucciso con lo stesso fucile dal quale partì la mortale scarica contro la figlia. Il suo corpo era sotto la spessa coltre di neve. Appariva orrendamente mutilato al volto e, sotto braccio, teneva due coperte. La mano destra, chiusa a pugno, stringeva il sostegno di una lampada ad acetilene. Non c'era accanto alcuna arma per cui si deve subito scartare l'ipotesi di suicidio.
Probabilmente, dunque, l’Ors di Pani era uscito di casa per preparare nel vicino stavolo il giaciglio degli ospiti; stava scendendo la scala a pioli, con le coperte sotto il braccio e la lampada accesa sulla destra, quando fu raggiunto dalla fucilata sparata a brevissima distanza, come testimoniano gli effetti della rosa di pallettoni "campagnolo" sul suo volto. Lo sventurato cadde all'indietro, mentre l'omicida si allontanava nella bufera, forse per completare il suo misfatto nella casa del vecchio, per timore che la figlia avesse sentito il colpo di fucile; o forse, in quel momento, la donna era già stata uccisa. Comunque lo stesso schioppo da caccia ha finito, nel giro di pochi minuti, padre e figlia.

mercoledì 13 agosto 2008

Impegni... mica pizza e fichi!

Qualsiasi cosa stiano facendo... lo stanno facendo PER NOI... dicheno.

Troppo ghiotta la notizia per non riprenderla, magari non nell'immediatezza della pubblicazione della stessa sui giornali... ma in concomitanza con le mie ferie durante le quali io, qualsiasi cosa stia facendo... LA STO FACENDO PER ME!...

In sintesi:
Alla fine di una conferenza stampa, mentre sta parlando Mara Carfagna (vorrete mica che dica "Ministro", no?), il protagonista (cosa? devo dire "Presidente del Consiglio"? Ma mi faccia il piacere!) si volta verso Giorgia Meloni e le mostra un foglio "Guarda quanto mi fanno lavorare"... e avanti manfrinando con tutta la corte plaudente.

Beh... guardiamo allora!
Dunque:
- incontri con personaggi vari della scena politica nazionale;
- in fondo al foglio l'appunto di un compleanno da non scordare, quello della primogenita del secondo matrimonio;
- una riunione della presidenza del Milan con aggiunte autografe dello stesso protagonista "Milan a.c. campione del mondo" e "Al presidente n° 1. Al presidente più vittorioso nella storia del calcio. N° 1 nella storia del calcio...";
- qualche altro incontro con altri personaggi oramai conosciuti a seguito delle note raccomandazioni televisive: Manna e Troise.
Questo più o meno quello che riportano tutti gli organi di stampa.
Nessuno che noti un altro nome nel foglio...
Per facilitarvi la ricerca l'ho evidenziato con un sobrio segno color fuxia: Selvaggia...
A quale Selvaggia si riferirà?
E quante saranno, del resto, le Selvaggia in Italia...
Se è quella che penso io, viene da dire: Poverina... non se la fila proprio più nessuno... è finita pure l'epopea della famosa blogger.

lunedì 11 agosto 2008

L'Ors di Pani


La vicenda che vi racconto oggi è una di quelle storie vere che il tramando orale enfatizza quel tanto che basta a darle un’aura leggendaria e che la ripetizione fra le mura domestiche a beneficio dei bambini finisce per diventare didattica sugli aspetti della vita.
La vicenda è ambientata in Carnia, in un contesto naturale del quale oggi si nota la bellezza ma che, ai tempi nei quali la storia è ambientata, rivelavano subito la durezza del vivere.
Il luogo si chiama Pani e del protagonista, un vero e proprio uomo-leggenda, si era quasi scordato il nome vero. Lui era “L’Ors di Pani”.

Il suo appellativo, per lunghi anni dopo la sua scomparsa, veniva usato quale spauracchio per i bambini e sinonimo di persona selvatica e solitaria: "Se non stai buono, ti porto dall'Ors di Pani=, oppure "Assomiglia all'Ors di Pani" si diceva di persona imponente, con barba e capelli lunghi.

La sua identità “ufficiale” parla di Antonio Zanella, nativo di Amaro nel 1887, cavaliere del lavoro, personaggio unico e noto per le sue stranezze e la ricchezza, che trovò una tragica fine nel marzo del 1955, quando fu trovato morto, assassinato assieme alla figlia.

La lunga barba incolta, i capelli rossicci arruffati, una certa originalità di comportamento giustificano il nominativo di Orso, ma in realtà gli si riconosce anche un comportamento schietto e generoso, aperto all'ospitalità di chiunque andasse dalle sue parti, e ad atti di concreta solidarietà, come quando donò due milioni alla latteria sociale e un milione all'asilo … ma questi aspetti incidono di meno sul fascino del racconto…

Ben più ricorrente l’accenno ad un episodio avvenuto durante uno dei suoi viaggi a Venezia.
Sedutosi ad un tavolo del famoso albergo “Danieli” si accorse che i camerieri manifestavano una certa agitazione e, intuendo che fosse legata al suo aspetto a dir poco "insolito" (sembrava poco più di un pezzente), Zanella ricoprì il tavolo occupato per il pranzo, con una distesa di banconote da 10mila lire.
Girava, poi, per le calli per visitare chiese e monumenti con lo zaino sulla schiena e gli scarponi ai piedi, attirando su di sè l'attenzione dei passanti.

Un altro episodio che veniva ricordato spesso è legato al periodo nel quale la Carnia era occupata dai cosacchi.
Sior Toni “scese in campo” da par suo. Destinò gran parte del suo gregge per sfamare la popolazione e i combattenti partigiani, che nascose e ospitò nella sua valle. Messo al muro dalle truppe cosacche, alla fine fu liberato presumibilmente in forza del suo aspetto quasi mistico. Anzi, ricevette in dono un colbacco bianco.

Non fu graziato, invece, nella notte del 5 marzo 1955.
Il "Patriarca della Carnia" e la figlia uccisi nella notte a colpi di fucile.
L'incontro di due sciatori con uno sconosciuto armato di doppietta - Le due scariche a distanza ravvicinata - Quale il movente dell'assassinio? L' Ors di Pani era noto in tutta la zona per la sua ricchezza e per le sue stranezze.

Così titolava il giorno dopo il quotidiano.
Questa
conclusione, però, non veniva raccontata ai bambini… che la leggevano da grandi se era rimasta loro la curiosità del personaggio del quale avevano tanto sentito raccontare da piccini nelle proprie famiglie.

E neanche io racconterò questo episodio… non adesso, almeno!

mercoledì 6 agosto 2008

Un sicuro appiglio...


Mi è capitato di leggere questo bel racconto di come ebbe inizio, con Papa Montini, l’uso della “croce astile” nelle celebrazioni. Per l'amore che porto alla memoria del Santo Padre Paolo VI, lo condivido con voi... anche e soprattutto nella ricorrenza del 30° anniversario del suo ritorno "alla Casa del Padre". Lo lego alla dolcezza del ricordo di Giovanni Paolo II, fra le cui mani ho visto questo "bastone" in un'occasione indimenticabile...




Papa Montini fu il primo papa, non so da quanti secoli, a celebrare con il popolo: prima di lui i papi – compreso Giovanni XXIII – in San Pietro e altrove assistevano alle celebrazioni ma non celebravano. Celebravano solo in privato. Paolo VI che firmò i documenti conciliari con il titolo di “vescovo di Roma” volle anche celebrare con il popolo come fanno i vescovi diocesani. Ma celebrando “non sapeva dove tenere le mani”, perché da arcivescovo di Milano aveva il “pastorale” ma i papi – l’avvertirono i cerimonieri – non hanno mai avuto il pastorale e la “croce papale”, quella con tre bracci, veniva usata solo per aprire la “porta santa” dei giubilei, o per la proclamazione dei dogmi. Egli dunque li incoraggiò a offrirgli una croce astile, cioè con l’asta come il pastorale ma senza i tre bracci tanto impegnativi.

Ecco come è nato l'utilizzo la croce alla quale si aggrappava tremante negli ultimi tempi, che fu poi raccolta con timore e tremore da papa Luciani, che papa Wojtyla brandiva i primi tempi con il piglio del missionario del mondo.
La croce che molti ricordiamo invece, con un misto di tristezza e di nostalgia, nelle mani tremanti di Giovanni Paolo II, che, davvero, negli ultimi tempi vi si appoggiava e vi si aggrappava. La croce alla quale spesso appoggiava le labbra con un amore che risaltava ancora più forte nella spossatezza degli ultimi tempi.

La croce che oggi impugna, con mite fermezza, papa Ratzinger.

La croce che ricorda a tutti, forse al Santo Padre per primo, a chi si deve sempre fare riferimento...

Pensando a Paolo VI, mi tornano alla mente altre innovazioni proposte da questo grande Papa che, non a caso, in molti definiscono "Magno".

Lui è stato il primo Pontefice a volare, per esempio.
E proprio durante uno dei suoi viaggi, per la precisione a Manila nel novembre del 1970, subì un attentato.
Le cronache del tempo parlarono di due pugnalate: una appena a destra e una appena a sinistra della vena giugulare... l'avverbio "appena" dipinge bene ciò che penso ricordandolo: il suo venire "appena" dopo un Papa popolare come Giovanni XXIII e "appena" prima un Papa planetario come Giovanni Paolo II, lo ha, probabilmente, schiacciato in un angolo della Storia... eppure la Sua grandezza emerge, comunque.

Trovo che un segno della Sua così poco riconosciuta umanità sia quella di essere stato il primo Pontefice a partecipare al funerale di un personaggio "civile": Aldo Moro.

Mi emozionano ancora, fino alle lacrime, le sue parole...
Signore, ascoltaci!
E chi può ascoltare il nostro lamento se non ancora Tu, o Dio della vita e della morte?
Tu non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro, di questo uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico...

E non possono non toccarmi in profondità le parole del Suo Testamento... dalle quali traspare, inanzitutto, l'amore assoluto per il Suo e Nostro Signore:
Ora che la giornata tramonta, e tutto finisce e si scioglie di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena, come ancora ringraziare Te, o Signore, dopo quello della vita naturale, del dono, anche superiore, della fede e della grazia, in cui alla fine unicamente si rifugia il mio essere superstite?
Come celebrare degnamente la tua bontà, o Signore, per essere io stato inserito, appena entrato in questo mondo, nel mondo ineffabile della Chiesa cattolica?
Come per essere stato chiamato ed iniziato al Sacerdozio di Cristo? Come per aver avuto il gaudio e la missione di servire le anime, i fratelli, i giovani, i poveri, il popolo di Dio, e d’aver avuto l’immeritato onore d’essere ministro della santa Chiesa, a Roma specialmente, accanto al Papa, poi a Milano, come arcivescovo, sulla cattedra, per me troppo alta, e venerabilissima dei santi Ambrogio e Carlo, e finalmente su questa suprema e formidabile e santissima di San Pietro?
In aeternum Domini misericordias cantabo.

domenica 3 agosto 2008

Cioppy's life

Avvenne nell'autunno del 1991...
La notte precedente c'era stato un temporale che ci aveva tenuti svegli.
Al mattino, in ufficio, il mio collega e amico Claudio mi fa: Stasera ti posso portare una cosa perchè la vedano tuoi figli?
La sera arriva con una confezione di dopobarba...
Beh - direte voi - era un regalo che voleva portarti...
Grazie - devo rispondervi io - ma i miei figli hanno 9 e 7 anni... il dopobarba sarebbe un tantino prematuro.
Infatti!
Nella scatola c'è qualcosa di molto diverso. C'è un piccolissimo ghiro che Claudio ha trovato ai piedi di un albero. Una bestiolina probabilmente destinata a morire perchè la sua mamma non l'ha potuto recuperare... o voluto, perchè oramai la stagione è troppo inoltrata per riuscire ad allevare un piccolo.
Bene - dice Claudio - ora che lo avete visto, lo riporto dov'era e lo lascio al suo destino...
Figurarsi! I bambini non vogliono sentire questa versione della storia e decidono che il ghiro rimarrà con noi... Deciso e approvato!
L'indomani ci si dà da fare per realizzare una sistemazione consona al ghiro al quale, nel frattempo, è stato dato il nome di Cioppy. Viene così realizzata una casetta in legno che viene posta all'interno di una gabbia spaziosa, si provvede a raccogliere foglie secche e pulite e ci si informa sull'alimentazione.

La convivenza con Cioppy durerà un paio di anni, con estrema gioia di noi ospitanti e con la possibilità - rara, credo di poter dire - di scrutarne i comportamenti e le abitudini.
I miei tentativi di addomesticarlo non sono andati oltre il mio riuscire ad accarezzargli la testolina... ma probabilmente non ne ero proprio capace.
Quello che è sicuro è che, di taluni episodi, parliamo ancora e che Cioppy non è dimenticato...

P.S. delle ore 22.07:
Dolce Busti, sei anche tu sull'arcobaleno...
Avevamo imparato a conoscerti e a volerti bene e adesso ci mancheranno i racconti delle tue avventure in giardino e i post scritti a nome tuo.
Dove sei adesso avrai già incontrato tanti nostri amici... sappiamo che hai capito subito che lì non ci devono essere rivalità e paure e sappiamo che loro si impegneranno a farti giocare spensierata perchè non ti venga nostalgia di casa... lascia, però, che noi proviamo nostalgia di te e dei tuoi occhi colore dell'oro...

STAIT ATÊNZ…

Questo, come ogni altro blog, è tutelato dalla legge 675 del 1996 (tutela della privacy), dall'estensione della suddetta avutasi con il Decreto Legislativo n° 196 del 30/06/2003 e dalle norme costituzionalmente garantite al nome, alla persona, all'immagine ed all'onore.
Quindi, se pensate di passare di qua per scrivere "spiritosaggini" a ruota libera, ve ne assumerete anche le eventuali conseguenze. Per parte mia, mi riterrò libera di intervenire se rileverò che si siano superati i limiti dettati dall'educazione e dal rispetto della dignità riconosciuta alle persone... TUTTE!
L'anonimato, evidentemente, non garantisce la copertura assoluta, poichè, eventualmente, la Polizia Postale può richiedere l'elenco degli IP che hanno effettuato l'ingresso al blog.
Sa ti va ben cussì bón… sennò piês par te!!! …tu pós ancje šindilâti: prat denant e selve daûr…

Stiamo insieme da...

Dicevi??? ^-^

37 grazie x 22 PREMI!!!

Sira degli Oedv Presiùs

Sira degli Oedv Presiùs
Grazie Cri!!!

Embè...

Embè...
Piuma nel Vento ringrazia OEdV!

Già! ... anche...

Blog360gradi - L’aggregatore di notizie a 360° provenienti dal mondo dei blog!

Ma certo che NO!!!