Il libro è un vero gioiello di sapienza antica e trasuda amore a ogni pagina, lo stesso amore con il quale le nonne ci accoglievano sulle loro ginocchia per incantarci con i loro racconti fantastici o per insegnarci a recitare le preghiere...
Le illustrazioni sono state eseguite da un artista russo, Pavel Tatarnikov, che si è recato in paese per "respirare" l'ambientazione delle storie e ci ha davvero regalato una magia...
Le storie sono scritte nella parlata tradizionale del paese (friulano con le personalizzazioni illegiane, insomma) e in italiano.
Memorie di pietre e parole, è il titolo del racconto/introduzione che apre il libro...
C'era una volta in un'epoca molto remota un popolo selvatico e fiero. Esso abitava i pianori soleggiati sui monti che racchiudono in una sorta di naturale fortificazione la conca di Illegio.
Si cibavano di ciò che offriva il bosco e il suolo. Costruivano arnesi, dissodavano, edificavano per ripararsi dalle intemperie e per difendersi dai pericoli di ogni specie.
La valle era verde, ricca di acque e si accendeva, a sera, di un polverio dorato, quando l'astro del sole andava a riposarsi oltre la cresta dei monti.
Gli abitanti della valle non sapevano di Dio, nè alcun angelo con la spada fiammeggiante era mai venuto a cacciarli da quell'angolo nascosto di Paradiso - e chissà, forse quello era, in piccolo, il primo tentativo uscito dalle mani dell'Eterno al tempo in cui aveva intrapreso la Creazione. Tuttavia intuivano nel loro cuore di dover rendere grazie allo Spirito che si celava nelle cose.
Veneravano la natura e ciò che essa contiene. E segnavano i pozzi e le fonti che purificano e liberano dai malefici. E s'inchinavano davanti agli alberi abitati da folletti e spiriti.
"Fate l'inchino davanti al sambuco, bambini, perchè esso è una pianta sacra che procura salute".
Gli anziani della valle ammaestravano i figli attorno al fuoco, raccontavano le paure, intessevano le fantasie. E i figli ripetevano ai propri figli. Così le memorie della valle e dei suoi abitanti sono giunte fino a noi.
Memorias di pieras e peraulas
A ere 'ne vôlte in tune jete lontanone une int salvadie e mastine. A viveve sui plans soreglâs das monts ch'a sierant cun tune sorte di fuartece natural la valade di Dieç.
A si nudrive di dut ce ch'a procuravant il bosc e la cjere. A faseve imprescj, a savoltave i cjamps par rigjavâ il sostentament, a tirave su ricoveros cuintri stravintas e pericui di ogni gjenar.
La val a ere verde e siore di âgas, a s'impiave sore sere di un pulvin indorât con' che il sorêli al lave a mont daur la creste das monts. La int da val no saveve nue di Diu né l'agnul cu la spade di fûc iu veve parâts fûr da che cjanton scuindut di Paradîs - e cui sa ch'a nol sêdi stât propi chel puestut alì il prin imparatizi di Diu con' ch'al veve metût man a Creazion. Però a vevant scrit in tal cûr intune forme dal dut naturâl il lôr agrat al Spirit scuindut in dutas las roubas, chel che dut al mouf, cîl e cjere, âgas, plantas e pieras. A'nd ere lûcs sacrâi sore ducj i lûcs, a erant las poças, las risultivas e las âgas ch'a netant l'anime e il cuarp e a deliberant das maluserias. I anzians a insegnavant a fâ l'inchin denant i arbui visitâs da sbilfs e spiritus.
"Faseit l'inchin denant dal savût, fruts, ch'a è plante sacre ch'a procure salût."
I anzians da valade a insenavant ator il fûc; atêse di vite e pouras, memorie e storias a incjessevant denant i voi dai fîs la trame simpri compagne dal vivi.
E i fîs las contavant ai lôr fîs. Cussì las memorias da int da valade a son rivadas a nou.