giovedì 26 aprile 2007

... Mi racconti?

Quando si è piccoli si ha una sorta di sete di conoscere la vita "precedente" dei propri genitori... alimentata, loro malgrado, dal fatto che non tutto può e deve essere svelato...
La parte della vita del mio papà che maggiormente veniva lasciata in ombra era quella relativa alla dolorosa parentesi della Seconda Guerra Mondiale.
Così, mentre la mamma volentieri ci raccontava di Vassilji, uno dei Cosacchi che erano di stanza nel nostro paese, e ci canticchiava una filastrocca che aveva memorizzato: "Nema kliba, nema cucurusa, nema jaika, nema molokò; musna froho citiri malenki, Italienskj dobra karosci", il papà non riusciva a non farsi prendere dall'emotività e finiva spesso per piangere dei suoi ricordi.
Noi, poi, neanche a farlo apposta, avevamo curiosità di sapere le cose che lui più voleva celare: "Papà, hai sparato?... Papà, hai colpito?..."

Alcune cose le potevamo conoscere perchè la nonna, la mamma del papà, analfabeta, aveva conservato tutte "le carte" che le capitavano fra le mani con l'intento di farsele leggere "dal gnò Meni", il suo figlio più piccolo, il mio papà. Così avevamo la raccolta degli scritti che il mio papà aveva spedito a casa dalla lunga prigionia in Marocco, allora francese.
Alcuni episodi, invece, ce li raccontava volentieri, traendone una morale che ci trasmetteva come scuola di vita.
Il primo era legato a un altro uomo del nostro paesino, prigioniero come lui in Marocco.
Questo uomo, Giordano, era stato strappato alla sua famiglia per essere mandato a "servire la Patria". A casa aveva lasciato la moglie e due bimbi piccoli che rappresentavano la sua più grande motivazione per tornare.
Con tutto ciò, avvenne che Giordano trovasse una scatola di sardine... Figurarsi quanto utili potesse essere una razione supplementare di cibo per uomini che sarebbero tornati a casa pesando 35 chili...

Eppure Giordano pensò subito al quel suo compaesano, che sicuramente pativa la fame tanto quanto lui. E lo andò a cercare per condividere con lui quello che considerava un dono del cielo.
Il secondo episodio veniva da noi considerato più "colorito" e glielo facevamo ripetere continuamente.
Gli Italiani erano prigionieri dei Francesi che li gestivano in una sorta di "campo di concentramento a cielo aperto". Di giorno facevamo attività semplici, di notte venivao radunati e si predisponevano al riposo seduti uno accanto all'altro con le proprie ginocchia attaccate alla schiena del prigioniero che avevano davanti e le ginocchia del prigioniero dietro attaccate alla schiena...

Durante lo svolgimento di un'attività, capitò che mio papà infastidisse uno dei soldati francesi che li sorvegliavano.
Il soldato in questione si adirò a tal punto che cominciò a schiaffeggiare mio papà finchè questi cadde al suolo. Non contento, il francese continuò a inveire contro il prigioniero con calci e ancora botte.
Mio papà era un tipo che credeva fermamente nella GIUSTIZIA e davanti a questa evidente ingiustizia ebbe il coraggio di dire al soldato francese:
"Mon capitain, c'est pas finie encore la guere...".
Alcuni giorni più tardi, al capitano francese arrivò l'ordine di trasferimento.
Prima di partire, egli convocò tutti i prigionieri per salutarli e, nel corso del discorso di commiato, ritenne giusto chiedere al prigioniero che aveva picchiato senza motivo di farsi riconoscere, così che egli potesse chiedergli scusa.

Il mio papà non si mosse, perchè nel suo cuore riteneva che facendosi avanti gli avrebbe inflitto un'umiliazione e non voleva farlo.
L'aereo sul quale partì il battaglione francese non giunse mai a destinazione, dato che fu abbattuto...

Le morali di questi due episodi sono talmente evidenti che non serve certo dilungarsi in spiegazioni...

lunedì 23 aprile 2007

Rima baciata, rima obbligata...

Italia, paese di santi, navigatori e poeti...
Per cominciare... chi l'ha detto?
Boh... ma intanto è diventata una citazione alla quale spesso e volentieri si fa ricorso. Talvolta anche per aggiungere categorie nuove... a voglia che ce ne sono, per tutti i gusti.
Ma rimanendo all'originale e soprassedendo alla categoria "santi" ("scherza coi fanti ma non coi santi"... cantilenavano un tempo mamme, nonne e zie... solo che appena addocchiavi un bel fante ti chiudevano in casa...); e lasciando i "navigatori" all'esperienza velistica di Chris...
rimangono i "poeti".

Chi non ha scritto una poesia nella sua vita? Magari sotto gli effetti inebrianti del primo amore?
Chi non ha una poesia nel cuore e si rammarica di averla potuta esporre solo durante un'interrogazione (e lasciamo perdere il voto... perchè sapere una poesia a memoria è una faccenda, recitarla decentemente è tutta un'altra cosa).

Per quanto mi riguarda, mi ero scelta un modello mica male...
Ero assolutamente affascinata da una frase in particolare della poesia "L'infinito" di Leopardi: "Dorme quello spirto guerrier ch'entro mi rugge"...

Con tutto ciò, la mia prima coppia di poesie raggiunse ben altre ... altezze poetiche.
Coppia perchè lasciai due autopresentazioni in rima sotto il banco (doppio) della scuola media per la classe che occupava la stessa aula mentre noi eravamo in palestra.

La prima...
Mi chiamo Isabella e di viso non son bella
in latino ho otto ma il libro è tutto rotto.

... l'altra...
Mi chiamo Elisabetta e ho il riso da capretta,
mi piace Gelsomino e il formaggio pecorino.
... non ebbi alcuna risposta.

giovedì 19 aprile 2007

... nella buona e nella cattiva sorte...

19 aprile 1947.-
Meni camminava verso la casa dove Ane lo stava aspettando.
Il prato era in lieve salita e lui la affrontò con calma, lasciando che la mente seguisse i suoi pensieri.
Gli veniva da sorridere al pensiero che, quando si era messo a corteggiare Marie, la sorella gemella di Ane, il loro papà lo avesse chiamato in disparte per chiedergli: “Ma dimmi se sbaglio, a te piace di più Ane, vero?”
In effetti era proprio così, ma il fatto che Ane vivesse, come serva, in casa di una zia anziché con i genitori, lo aveva un po’ condizionato.
Che brav’uomo, quel Lolo… semplice e buono, La sua famiglia di origine era la famiglia più benestante del paese, ma non era stato favorito dalla divisione dei beni e nemmeno dal fatto di aver avuto così tanti figli: 11 bocche da sfamare, chè 2 sono morti piccolini, e un umile lavoro da ciabattino.
La voce di qualcuno che gli rivolgeva la parola, lo distolse dai suoi pensieri: “Nella nostra famiglia non si è mai visto uno sposo senza cappello…”.
Era uno degli zii di Ane e perciò Meni si morse la lingua e riuscì a rispondere solo: “Vedrà però che saprò essere il capofamiglia anche senza”, ma in cuor suo provò una punta di umiliazione.
Era rientrato da poco più di un anno dalla lunga prigionia in Africa e aveva dovuto rimboccarsi subito le maniche perché, mentre era in guerra, suo padre era morto. Non gli mancava solo il capello sulla testa, ma aveva anche un paio di pantaloni rattoppati e di seconda mano e tutta la sua proprietà consisteva in mezza stanza (l’altra metà era stata suddivisa in eredità con le 5 sorelle).
Siamo ancora giovani: io ho quasi 26 anni, Ane 19 ...

Meni intuiva che la sua sposa sapeva già che la vita è costellata di difficoltà. Era una ragazza molto docile e lui l’avrebbe guidata e insieme avrebbero costruito il loro futuro, insieme…

Avrebbero avuto cura della mamma di lui e avrebbero avuto dei bambini... almeno un maschio, pensava Meni mentre il Sacerdote recitava le formule di riro: nella buona e nella cattiva sorte; nella ricchezza e nella povertà; nella malattia e nella salute; finchè morte non vi separi.
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Alla fine della cerimonia andarono tutti a far colazione: una scodella di caffè-latte e del pane bianco.
Le zie della sposa avevano allestito una stanza per il “banchetto” abbellendola con rami di ciliegio in fiore e l’allegria della compagnia fece sì che la festa risultasse, anche nelle ristrettezze evidenti, molto piacevole.
Finita la colazione Meni e Ane salirono su un carretto che un altro zio aveva messo a disposizione per recarsi nella cittadina di fondovalle dove avrebbero preso il treno per andare a far visita a una sorella di Meni: il loro viaggio di nozze. Per il primo tratto di strada furono accompagnati dal corteo vociante degli amici e de

i ragazzi del paese, poi questi si fermarono e loro proseguirono con lo zio, il cavallo da tiro e il cane che affiancava il carretto.
Per arrivare a destinazione era necessario che a Udine si cambiasse carrozza e Meni, aspettando la coincidenza, portò Ane in un bar, dove ordinarono due caffè e “alcune” paste. La barista portò i caffè e un vassoio con 20 paste dicendo che avrebbero pagato quanto consumato: Meni ne mangiò 2 … Ane 18 … “io credevo che le avremmo pagate comunque…”
La sorella di Meni aveva predisposto una bella accoglienza ai due sposi, con una ricca e gustosa tavola…. che invitava a rinfrescarsi con il buon vinello di casa…
Durante la notte Meni si girava e rigirava… Dio, che sete.
Sua sorella aveva preparato una brocca di acqua, il catino e un asciugamano pulito per la toilette del mattino ma… al mattino acqua non ce n’era più…

Al rientro, sempre con il treno, non c’era il carretto ad aspettarli e così Meni e Ane si incamminarono verso casa. Meni, per non rovinare le scarpe, che erano in prestito, decise di togliersele e così camminò scalzo per tutti i 6 chilometri.
Quando arrivarono quasi in vista del paese, trovarono ad aspettarli gli amici che li avevano accompagnati fin lì appena 2 giorni prima e insieme rientrarono nella normalità.

Alla sera, prima di coricarsi, Meni si sedette sulla sponda del letto e trascrisse la “situazione economica” di partenza della sua nuova famiglia…

domenica 15 aprile 2007

Miti ed eroi


Ciascuno di noi - sicuramente nell'infanzia, probabilmente nell'adolescenza, a volte anche nella maturità - si rifà a persone, vere o di fantasia, che nel personale immaginario sono assurti a esempi da imitare o solo da ammirare. In altre parole MITI ed EROI...
Vi va di raccontare quali sono i vostri? ... o quali sono stati?

Comincio io... ma, pur concentrandomi, non riesco a rimanere nel presente... che le mode condizionino anche i miti?
Allora indietreggio di 40 e più anni e dichiaro il mio amore, assoluto e sognante, per Robert F. Kennedy.-
Per questo "mito" ho pianto e ancora lo rimpiango, anche se la storia non manca di aggiungere conoscenza, non sempre positiva, all'idea - oramai romanzata - che conservo di lui.
Certo, non era un idillio politico: di lui mi piaceva il sorriso forte, il ciuffo indomabile e la famiglia numerosissima... proprio come sognavo per me stessa...

mercoledì 11 aprile 2007

Buongiorno...

Buongiorno carissime amiche e carissimi amici...
Vorrei essere stata capace di comporre anche solo una frase per augurarvi davvero una splendida giornata... ma, alla fine, ne ho cercata una già pronta... ma l'ho cercata PER VOI...

Fate che chiunque venga a voi se ne vada sentendosi meglio e più felice.
Tutti devono vedere la bontà del vostro viso, nei vostri occhi, nel vostro sorriso.
La gioia traspare dagli occhi, si manifesta quando parliamo e camminiamo.
Non può essere racchiusa dentro di noi. Trabocca.
La gioia è molto contagiosa.
...
Pensavo anche al vero significato della parola "AMICI"... forse ne abusiamo e alcune persone sono solo dei conoscenti, anche dei buoni conoscenti...
Così se non ci trattano come ci aspetteremmo, forse li avevamo sopravvalutati...
AMICI ... mica facile trovarne di buoni ...
Avere Molti Interessi Comuni Inaspettatamente ...
Questo acrostico è solo uno degli aspetti dell'amicizia.
Aspettando Chris, se volete, ne possiamo parlare... altrimenti "Vai con l'O.T.!"...

martedì 10 aprile 2007

Condizionamenti e "doveri" sociali

Come post post-pasquale stavo giusto pensando di fare un sondaggio su dove finiscono le sorprese, sorpresine e sorpresone che si celano dentro le uova pasquali.
Già avevo ben chiare in mente le bacheche domestiche dove fanno mostra di sè giochi strabilianti, che non temono di star vicini alle classiche serie di pupazzetti dei quotidiani ovetti...

Invece no.
Mi lascio suggestionare da un argomento di tutt'altra specie... ma, secondo me, non fuori periodo se consideriamo il significato liberatorio della Pasqua.
L'argomento è: da quali condizionamenti mi lascio sottomettere?

Per esempio, la moda...
Possibile che nessuno dica che i pantaloni vita bassa o bassissima sono belli solo se si sta rigorosamente in piedi, con la schiena ben diritta?
Ancora, ma gli stivali 4stagioni calzati a piedi scalzi provocano o no problemi di convivenza?
Senza dimenticare, ma voler essere sempre fuori-dal-coro è un'ossessione o una schiavitù?

Insomma, la parola libertà, così usata e abusata, ha ancora un senso?...

Per rendere l'idea della prigionia, nuova foto del mio Momore, modello "recluso"...

... e un omaggio a un grande uomo: Primo Levi...
che sulla vera libertà nel suo libro "Se questo è un uomo" scrive così:
«Quell’uomo doveva essere duro, doveva essere di un altro metallo del nostro, se questa condizione, da cui noi siamo rotti, non ha potuto piegarlo. Perché anche noi siamo stati rotti, vinti: anche se abbiamo saputo adattarci, anche se abbiamo finalmente imparato a trovare il nostro cibo e reggere alla fatica e al freddo, anche se ritorneremo. Abbiamo issato la menaschka sulla cuccetta, abbiamo fatto la ripartizione, abbiamo soddisfatto la rabbia quotidiana della fame, e ora ci opprime la vergogna».

giovedì 5 aprile 2007

... parole e Parola ...

Oggi, stranamente, ho trovato sul quotidiano locale una notizia positiva: i sacerdoti della Diocesi non scenderanno in piazza nel family day che si sta organizzando per contrastare i DiCo.
Questo - riporta il giornale - perchè se è vero come è vero che la Chiesa ha il diritto-dovere di far sentire la sua voce, tuttavia "il prete non rappresenta se stesso ma anche la comunità e per questo non si dovrebbe schierare troppo"...

Mi auguro che la prossima "novità" sia che la Chiesa, almeno durante questa settimana, parla di Dio e di Gesù di Nazareth.

Credo che la Società abbia bisogno di questo, non solo gossip, scandali, intercettazioni, reality show, scontri politici e guerre più o meno sante... ma di Parole di Speranza, di Salvezza, d'Amore.

lunedì 2 aprile 2007

Un uomo venuto da lontano...

… che è rimasto in tutti i cuori …
Quando la notizia dell’aggravamento dello stato di salute del Santo Padre Giovanni Paolo II si diffuse, mi tornarono alla mente due avvenimenti che mi erano già parsi profetici della sua prossima scomparsa.
Il primo era l’uscita, appena pochi mesi prima, del suo libro “Alzatevi, andiamo!” con la conclusione che riporto:

Quando giunse la “sua ora”, Gesù disse a coloro che erano con Lui nell’orto del Getsemani: “Alzatevi, andiamo!”. Non era lui solo a dover andare verso l’adempimento della volontà del Padre, ma anch’essi con Lui… anche noi…
Ma l’amore di Dio non ci carica di pesi che non siamo in grado di portare, né ci pone esigenze a cui non sia possibile far fronte. Mentre chiede, Egli offre l’aiuto necessario.
Parlo di questo da un luogo in cui mi ha condotto l’amore di Cristo Salvatore, chiedendomi di uscire dalla mia terra per portare frutto destinato a rimanere.
Facendo eco alle parole del nostro maestro e Signore, ripeto perciò anch’io a ciascuno di voi, carissimi fratelli,: “Alzatevi, andiamo!” Andiamo fidandoci di Cristo. Sarà Lui ad accompagnarci nel cammino, fino alla meta che Lui solo conosce.

Il secondo, il pensiero che mi attraversò la mente quando partecipai all’udienza papale del 26 gennaio 2005, l’ultima del suo magistero e della sua vita: "Come somiglia al mio papà degli ultimi giorni…"

Per questo pensiero, per questa somiglianza, per quanto aveva seminato nei 27 anni in cui fu Papa, per amore, quando il Santo Padre mancò, decisi di recarmi a Roma a rendergli l’ultimo omaggio.
Non ci sono parole per descrivere la somma di emozioni che accompagnò me e i miei due compagni di pellegrinaggio nei due giorni che trascorremmo in una Roma trasformata nella sede di una Giornata Mondiale della Gioventù “speciale”.

Sono stati giorni di grazia.
Forse il clamore delle cronache non ne ha saputo rimandare il senso profondo, ma per chi ha Fede rimangono un insegnamento non tanto i numeri e i bilanci dell’organizzazione, ma il bisogno di esserci che hanno spinto tante persone a riunirsi in file interminabili, camminando, pregando, cantando e anche piangendo con altre persone altrimenti sconosciute.
Le stesse motivazioni che in tutto il mondo portavano fedeli e non a riunirsi nelle chiese per pregare, o semplicemente a partecipare attraverso il raccoglimento davanti al televisore.
Davvero un modo per rendere onore agli insegnamenti di una persona che ha lasciato un segno nella storia di questo secolo e che, soprattutto, ha saputo rappresentare Cristo sulla terra, pellegrino con noi, amoroso con tutti, compagno nella festa, umile nel saper chiedere perdono, fermo nell’additare gli sbagli da non ripetere, primo fra tutti la guerra, attento nel cogliere le esigenze nuove, coraggioso nell’affrontare le difficoltà, anche quelle fisiche e, sempre, fedele nella preghiera.

La storia parlerà di questo Papa.
Si comincia già a trovargli definizioni: Karol il Grande, Karol il Santo, Karol il Modernizzatore, Karol l'Innovatore...
Per la gente però non saranno questi "titoli" che lo renderanno indimenticabile, ma il fatto che sia stato con sincerità un Uomo, un Padre, un Innamorato, di Cristo, della vita e degli uomini.


P.S.:
26 gennaio 2005 ... è la data della seconda foto che accompagna questo post.

Che giornata emozionante è stata...
Io non sarei dovuta salire sul palco se non per la foto di gruppo...
Figurarsi, ero arrivata fin lì...
Mi sono lanciata verso la sua poltrona... intercettata da una guardia del corpo gli ho detto: "La prego...".
Incredibilmente quello mi ha guardata e mi ha detto: "Vada".
Arrivata al suo fianco ho poggiato la mano sulla manica del suo abito... mi pareva che toccandolo gli avri potuto far del male, tanto appariva fragile.
Poi ho spostato la mano, l'ho appoggiata sulla sua e gli ho detto: "Le vogliamo tutti bene, Santità"...
Lui si è girato...
Aveva gli occhi vivacissimi, con l'espressione di una persona assolutamente "presente" ... io, non so perchè, ma mi aspettavo che non fosse più lucido...
Al pomeriggio, il prete che guidava il gruppo è tornato in Vaticano per ritirare le foto di gruppo... e c'era anche questa.
In Sala Paolo VI non si può scattare foto, le uniche sono quelle del fotografo ufficiale.
Dunque, è veramente un fortunato caso che abbia scattato in quell'istante... anche se non avrei comunque dimenticato quel momento...
Uscendo dall'Udienza ho preso la decisione che sarei tornata se fosse mancato... e l'ho fatto.

STAIT ATÊNZ…

Questo, come ogni altro blog, è tutelato dalla legge 675 del 1996 (tutela della privacy), dall'estensione della suddetta avutasi con il Decreto Legislativo n° 196 del 30/06/2003 e dalle norme costituzionalmente garantite al nome, alla persona, all'immagine ed all'onore.
Quindi, se pensate di passare di qua per scrivere "spiritosaggini" a ruota libera, ve ne assumerete anche le eventuali conseguenze. Per parte mia, mi riterrò libera di intervenire se rileverò che si siano superati i limiti dettati dall'educazione e dal rispetto della dignità riconosciuta alle persone... TUTTE!
L'anonimato, evidentemente, non garantisce la copertura assoluta, poichè, eventualmente, la Polizia Postale può richiedere l'elenco degli IP che hanno effettuato l'ingresso al blog.
Sa ti va ben cussì bón… sennò piês par te!!! …tu pós ancje šindilâti: prat denant e selve daûr…

Stiamo insieme da...

Dicevi??? ^-^

37 grazie x 22 PREMI!!!

Sira degli Oedv Presiùs

Sira degli Oedv Presiùs
Grazie Cri!!!

Embè...

Embè...
Piuma nel Vento ringrazia OEdV!

Già! ... anche...

Blog360gradi - L’aggregatore di notizie a 360° provenienti dal mondo dei blog!

Ma certo che NO!!!